memoria…
Se è stato commesso un omicidio e il colpevole non si è trovato, i responsabili del luogo devono compiere un rito espiatorio, prescritto dalla Torà alla fine della parashà letta questo sabato. Gli anziani si dovono recare presso un torrente etàn letteralmente “forte”. Ma cos’è un torrente forte? Secondo alcuni si tratterebbe di un fiume perenne e quindi il senso del rito sarebbe quello che le acque si portino via per sempre il segno del delitto. Non la pensava così ShaDaL. Per lui i segni del delitto devono rimanere per sempre a futura memoria. E’ un bel problema. Dimenticare e ricominciare come se niente fosse stato? O mantenere una memoria viva e drammatica che ogni giorno condiziona l’esistenza? E come conciliare le due posizioni contrapposte con un rapporto sereno con la legge e l’equilibrio psicologico della società? Sono temi che affrontiamo continuamente al nostro interno quando discutiamo sulla memoria lontana e recente, dalla shoà al terrorismo. Ma sono temi che investono la società più ampia, anch’essa certo non immune dal terrorismo e dal dilemma oblio/ricordo.
Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma