Qui Livorno – Pardo, l’ultimo menestrello

Pardo Fornaciari non sta simpatico a tutti in Comunità. Ne è consapevole (la polemica tra l’altro a suo tempo è finita su alcuni giornali locali e ha fatto discutere) ma tira avanti per la sua strada: “C’è chi mi accusa di essere antisemita, ma è una meschinità. In realtà ho più di una remora sulle politiche del governo israeliano che non ho problemi a esternare in pubblico. Tutto qua, il resto sono strumentalizzazioni da parte di individui che faccio fatica a qualificare”. Pardo, 62 anni, comunista testardo e ruspante, è un artista poliedrico, il colto menestrello e cantore di Livorno, dei dialetti e della esuberante gente labronica. Ama in modo viscerale la città in cui è nato e vive. Ed è ricambiato: molti concittadini ne apprezzano penna e indole pungente. Le sue ricerche sulle peculiarità linguistiche degli ebrei livornesi, in particolare sul bagitto, rappresentano il primo studio scientifico in materia. Fornaciari conosce molto bene la comunità e la lingua ebraica, che ha studiato da autodidatta, incuriosito da quella minoranza e dalla sua cultura forse anche perché di lui, giovane bimbo inquieto e rompiscatole, si occupavano due tate ebree. Molto amico del presidente Samuel Zarrough che definisce “un uomo di grande saggezza ed equilibrio”, Pardo è di fatto un tuttologo dai mille interessi, che non se la tira in nessun modo per la sua erudizione che emerge con sobrietà. “Non bisogna mai prendersi troppo sul serio, altrimenti si finisce per diventare ridicoli”, ammonisce. Figlio del partigiano Pierino, pittore e insegnante che tra i suoi allievi ebbe anche il futuro giornalista e vicedirettore del Corriere della sera Magdi Allam, è firma di punta e rubricista del Vernacoliere, storica e irriverente pubblicazione livornese che non si fa mettere i piedi in testa dai potenti ed è veicolo di sfogo antipisano. Lo studio in cui Pardo lavora, una stanza interna alla sua abitazione situata a due passi da piazza Cavour, è come vuole la regola che riguarda i creativi, un gran casino di libri e appunti di vario genere. In un angolo c’è una chitarra, sugli scaffali sono riposti molti libri in ebraico. “Benvenuto nel mio regno disordinato”, le parole che accolgono sulla porta un visitatore munito di macchina fotografica e taccuino.

a.s., Pagine Ebraiche, agosto 2010