…sinti

Ne ha parlato a lungo sabato scorso Claudio Magris sul Corriere della Sera, ma per quanto ne so nessun altro ha ripreso questo tema, in quest’estate tutta dedicata agli scandali e al gossip più banale. Eppure, il caso è stato riproposto recentemente al festival di Salisburgo dalla proiezione del documentario che una regista tedesca, Nina Gladitz, ha dedicato a questa vicenda negli anni Ottanta, Tempo del silenzio e della tenebra, e che le è costato un processo per diffamazione da parte di Leni Riefenstahl e molti anni di ostracismo nel mondo del cinema, nonostante la sua vittoria nel processo di diffamazione. E’ una storia terribile, quella della grande regista tedesca che nel 1941, per girare un film, si fa “imprestare” dal lager di Maxglan, dove erano reclusi, dei bambini sinti, e che a film terminato li restituisce regolarmente al lager. Futura destinazione, non ancora prevista ma poi realizzata, Auschwitz. Un tassello di una storia, quella di una grande artista pronta a sostenere con il sangue dei singoli e dei popoli la sua arte ed assolta, forse proprio in nome dell’arte, dall’accusa di essere stata nazista. Per filmarli, per esprimersi dietro la macchina da presa, Leni Riefenstahl quei bambini sinti deve averli almeno una volta guardati negli occhi. Li deve aver “visti”. E allora?

Anna Foa, storica