Qui Livorno – Yair Didi, un rav di 33 anni per costruire il futuro

Yair Didi è un rabbino giovane, cordiale e sorridente. Ha 33 anni e viene da Beer Sheva, la capitale del Negev. Sulla scrivania del suo ufficio un libro scritto da un rav suo amico e compagno di studi che rivela i collegamenti mai troppo approfonditi tra ebraismo e progresso scientifico, su un tavolino accanto alla scrivania un Sefer Torah che si occupa di restaurare nelle pause tra i tanti impegni comunitari. Nel 2005, ad appena 28 anni (un record per l’ebraismo italiano e pare anche per quello europeo), Didi è nominato rabbino capo di Livorno, succedendo a uno dei rabbanim più amati dalle ultime generazioni di livornesi: rav Jehuda Kalon z.l. Curriculum di studi in alcune delle yeshivot più importanti di Israele tra cui la celebre yeshivat Kisseh Rahamim, si dice che a favore della sua nomina livornese si sia espresso (“almeno mi è stato detto così”) anche rav Shlomo Amar, massima guida spirituale sefardita di Eretz Israel. Rav Didi, che è sposato con una connazionale e ha tre figli, prima di trasferirsi in Italia abitava in un appartamento della Città vecchia di Gerusalemme situato a due passi da alcuni tra i luoghi più simbolici di Yerushalaim.
Il rav li elenca con piacere: “Avevo il muro in comune con la sala in cui si dice che si sia svolta l’Ultima cena, al piano di sopra si trovava la stanza in cui visse il primo presidente dello Stato di Israele Chaim Weizmann e pochi metri più in basso c’era la tomba di re David”. Passare dalla magia e spiritualità di Gerusalemme a una città fino a quel momento sconosciuta (unico contatto con il Belpaese è uno zio per trent’anni shochet a Roma) non è stato troppo difficile, spiega il giovane rabbino.
“Livorno e la sua atmosfera calda e vivace mi sono piaciute al primo impatto”. Il merito è anche degli iscritti alla Comunità, “persone aperte e molto divertenti che hanno reso il mio ambientamento abbastanza facile”. Didi, diploma di shochet e di dayan in bella vista sul muro, non si lamenta della situazione attuale dell’ebraismo livornese: “Per fortuna abbiamo quasi tutto, con alimentazione kasher disponibile in vari punti della città e minian in sinagoga al lunedì e al giovedì. Non penso che molte Comunità se lo possano permettere”. Il rav vanta ottimi rapporti con il presidente Zarrough e con i ragazzi. Oltre a partecipare al progetto Moadon Gheulà e alle attività del Talmud Torah di cui ha la supervisione generale, ogni domenica tiene lezioni per un pubblico eterogeneo spesso composto da tanti non iscritti. Anche la famiglia è ben inserita nelle attività comunitarie: la moglie lavora come assistente sociale a un progetto per gli anziani patrocinato dall’UCEI e insieme al rav organizza frequenti viaggi in Israele. Viaggi all’insegna del dialogo, sottolinea rav Didi: le iscrizioni sono aperte sia a ebrei che a non ebrei.

Pagine Ebraiche, agosto 2010