Bejahad 5770 – Un festival ebraico dalle ceneri dell’ex Jugoslavia
Da oltre dieci anni è la più importante occasione d’incontro degli ebrei dell’ex Jugoslavia. Porta il nome di Bejahad, che in ebraico significa insieme, ed è un festival culturale ricco di spunti e di proposte giocato in una costante tensione tra le ferite del passato e il futuro. Tra la memoria delle atroci persecuzioni razziali che cancellarono un ebraismo vivace, il ricordo del recente conflitto che portò alla dissoluzione dell’area balcanica e un presente che vede rifiorire le Comunità ebraiche di Zagabria, Fiume, Lubiana e Belgrado. Quest’anno il festival Bejahad per la prima volta si apre all’ebraismo italiano con un’intera giornata di cultura e arte, organizzata in collaborazione con il Dipartimento Educazione e Cultura (Dec) dell’UCEI e la Comunità ebraica di Trieste. Si tratta di un appuntamento di grande significato, frutto dell’intenso lavoro di relazione e di scambi portato avanti ormai da anni dalla Comunità ebraica di Trieste e dal suo presidente Andrea Mariani. Un’attività silenziosa, fatta di incontri in occasione delle feste e di appuntamenti istituzionali, di visite vicendevoli dei bimbi e degli insegnanti delle scuole, di amicizie e rapporti professionali. La decisione di dedicare al mondo ebraico d’Italia un’intera giornata del festival Bejahad che in quest’edizione si svolge nella deliziosa cittadina di Abbazia (Opatjia), per anni luogo di villeggiatura dei nobili austroungarici, segna una tappa importante in questo percorso. E’ un’opportunità che lascia ben sperare nell’incontro futuro tra due mondi, quello italiano e quello dell’area balcanica, e che al tempo stesso racconta una svolta importante nella realtà degli ebrei di Croazia. “Più di dieci anni fa quando ci confrontavamo con il conflitto in corso non sapevamo bene che fare – spiega il vicepresidente della Comunità ebraica di Zagabria Vladimir Salamon, tra gli organizzatori e i fondatori di Bejahad – Dopo la disintegrazione della Jugoslavia e della Federazione delle Comunità ebraiche jugoslave e la nascita di nuovi paesi, gli ebrei si trovavano in una situazione nuova resa ancor più difficile dal fatto che moltissimi ebrei stavano lasciando il paese per emigrare in altre parti del mondo”. Malgrado queste circostanze tutt’altro che favorevoli gli ebrei di Zagabria e di Belgrado s’incontrano più volte in Ungheria e nella Repubblica ceca per discutere della situazione. “Proprio in queste riunioni – dice il dottor Salamon – cercammo di definire le strategie per portare avanti anche nel futuro una collaborazione così da evitare che la nostra comunità finisse nell’oblio dopo una storia pluricentenaria”. Nasce da qui l’idea di riunirsi, nel 1998, sul lago di Bled. Per la prima volta dal tempo della guerra balcanica gli ebrei di Belgrado e di Zagabria s’incontrano con quelli della Slovenia e di Sarajevo. E’ un momento di profonda emozione in cui si fanno i conti con la realtà storica che vede quel mondo ebraico, fino a poco prima racchiuso nella cornice unica della Jugoslavia, frammentato in paesi diversi. L’interrogativo che sta a cuore a tutti i partecipanti è uno solo. Come trovare un sentiero comune e non rischiare la disgregazione? La risposta porta il nome di Bejahad, il festival con cui si decide di dare vita a una nuova scena culturale ebraica attraverso un appuntamento annuale estivo della durata di sette giorni. Obiettivo, rafforzare l’identità culturale degli ebrei dell’ex Jugoslavia. L’iniziativa, che nella sua prima edizione si tiene nell’isola di Brac, ottiene subito un buon riscontro. Da allora la manifestazione cresce raffinando le proposte e lo spessore culturale. “Il segreto del nostro successo – spiega Vladimir Salamon – credo stia innanzi tutto nell’essere riusciti a trovare un modo di vivere comune che risponde alle esigenze di tutti noi. Siamo poi riusciti a unire tre generazioni all’interno del medesimo evento dando vita, nell’ambito di Bejahad, a un programma fatto dai giovani e per i giovani che da due anni si svolge in parallelo al resto della manifestazione. E’ un aspetto molto importante, perché nei prossimi anni saranno loro a farsi carico del futuro di Bejahad”. Un’ulteriore qualità di cui gli organizzatori vanno molto fieri è l’ampiezza delle attività di Bejahad. Il festival non è infatti riservato agli intenditori, ma chiama in causa un vasto pubblico con proposte molto diversificate. Il valore di questo progetto, figlio della piccola comunità ebraica croata, non è passato inosservato. Tanto da meritare, di recente, una menzione da parte dell’Unesco. Ma, come nella migliore tradizione di Bejahad, gli organizzatori non si fermano. E rilanciano la scommessa in direzione di un’ulteriore apertura, questa volta verso l’ebraismo italiano.
Daniela Gross, Pagine Ebraiche, luglio 2010