Bejahad 5770 – Le cinque vocali della Mitteleuropa
Varcato il confine che taglia l’Istria, sulla Dragogna, il grande salto verso l’Adriatico è a un soffio. Il golfo del Quarnero, le prime isole che costellano la costa dalmata, si scorgono dalla discesa verso Abbazia. Da Fiume a Zagabria l’attraversamento delle pianure e delle Alpi del Velebit sono ormai una breve corsa lungo l’autostrada della nuova Europa. E si riapre uno spazio comune. Quando sui banchi di scuola di un impero il cui inno si cantava in due dozzine di lingue diverse (incluso l’ebraico e l’yiddish) i bambini aprivano per la prima volta il quaderno di scrittura, il pennino doveva tracciare le cinque vocali. Quelle lettere, da Vienna a Budapest, da Trieste a Leopoli, erano le iniziali di una promessa rimasta a lungo senza risposta: “Austria Erit In Orbe Ultima” (l’impero di tutte le genti della Mitteleuropa, con i suoi valori di tolleranza e libertà e l’apporto determinante della cultura ebraica, tornerà per durare in eterno). Oggi Fiume, che fu la contesa capitale e il laboratorio di tutte le etnie, di tutte le culture, le tendenze, le avanguardie e i veleni del 900, riscopre il proprio patrimonio ebraico. A Zagabria uno statista e presidente della Repubblica come Stipe Mesic e uno dei grandi storici della nuova Europa come Ivo Goldstein, testimone di una famiglia miracolosamente scampata ai massacri dei collaborazionisti Ustascia, si incontrano portando assieme i nipotini alla nuova scuola ebraica. Abbazia riscopre la vocazione turistica di elegante località di vacanza e a fine agosto ospita il festival ebraico Bejachad. Le lingue e le culture dei Balcani e dell’Adriatico, si intersecano, dalle inflessioni slave, al tedesco, all’italiano, all’ebraico, all’yiddish. Le ferite dei nazionalismi e dei razzismi restano profonde. Ma da Est il segno eterno delle cinque vocali arde sotto la cenere. L’ultima pagina del quaderno resta ancora da scrivere.
g.v., Pagine Ebraiche, luglio 2010