Qui Livorno – Il Giusto per cui è stato scritto un nuovo Sefer Torah
Mario Canessa, il Giusto tra le Nazioni in onore del quale è stato scritto il Sefer Torah (caso forse unico al mondo) della sinagoga di Livorno, è uno dei tanti eroi silenziosi che nel dopoguerra scelsero di non parlare. “Non sono un eroe, ho fatto ciò che era giusto fare in quel momento”. Anche adesso che ha ricevuto onorificenze da più parti, compreso il massimo riconoscimento concesso dal popolo ebraico ai suoi salvatori, si schermisce quando gli si parla dei suoi meriti. È un uomo tutto di un pezzo ma comunque affabile nei modi. Ricorda nomi e luoghi come se fosse ieri. Di lui Mario Zucchelli, giornalista del Tirreno che ne ha curato una breve ma incisiva biografia, scrive: “Mario Canessa è un ragazzo di 92 anni e la faccia da eroe francamente non ce l’ha. Ammesso che gli eroi abbiano l’identikit hollywoodiano con la mascella inox e il muscolo gonfio che a scanso di dubbi scatta prima del pensiero. Non ce l’ha perché non si è mai visto un eroe con i capelli bianchi, un viso rotondo e il sorriso largo da nonno contento più quel tot di ironia bonaria toscana, forse etrusca”. Studente universitario originario di Volterra, negli anni del nazifascismo lavora come poliziotto addetto ai controlli sui treni che trasportano i frontalieri della Valtellina in Svizzera e viceversa. Nel profondo nord italiano fa una scelta di campo e decide di servire lo Stato come la grande fede in Dio e la profonda umanità gli suggeriscono: a rischio della vita, combatte dalla parte di coloro che si oppongono al Male. Canessa accompagna ebrei e prigionieri alleati in terra elvetica, escogitando mille stratagemmi per evitare le pattuglie nemiche e pienamente consapevole che la soffiata di una spia lo porterebbe davanti al plotone di esecuzione. Centinaia di persone vengono salvate grazie al suo coraggio e a quello dei suoi eroici collaboratori.Il cuore di Mario palpita anche per il fratello, combattente in Yugoslavia e detenuto dai tedeschi a Dortmund. Basta fare il nome di uno degli ebrei che aiuta e in cambio otterrebbe la sua liberazione. Basterebbe, però non lo fa. Questa storia di eroismo e solidarietà Canessa se la sarebbe tenuta volentieri per sé senza divulgarla in giro. Ma una confidenza fatta quasi distrattamente all’amico fraterno Raul Orvieto una decina di anni fa, di lì a poco dà il via a una catena di eventi che lo coinvolgono suo malgrado. “Ho salvato alcuni ebrei”, dice al compagno di mille partite di scacchi al Circolo ufficiali di Livorno. Passa del tempo da quella confidenza e lo chiama Guido Guastalla, editore e consigliere della Comunità ebraica livornese a cui è giunta voce delle sue azioni meritorie, che si attiva per fornire la documentazione necessaria allo Yad Vashem. In breve la notizia approda si giornali. Si arriva così al marzo del 2008, quando Mario Canessa diventa un Giusto tra le Nazioni. La cosa sembra turbarlo: “Detesto i riconoscimenti pubblici, sono una forma di esibizionismo che non condivido”. L’eroe coi capelli bianchi mostra alcuni documenti del primo dopoguerra che attestano la sua promozione di grado nelle file della polizia, dovuta al comportamento meritorio tenuto negli anni bellici. Li posa e commenta: “Sono questi i documenti che mi rendono felice, degli altri non so che farmene perché mi fanno solo soffrire complicandomi la vita”.
Pagine Ebraiche, agosto 2010