Qui Bologna – Un anno per il mondo intero

Uno degli inni simbolo introdotti nel formulario di preghiere per Rosh ha-Shanà, e riconosciuto da quasi tutti i minhaghim, inizia con le parole: “Achot ketanà”, “la sorella più piccola”. E’ una lunga poesia in cui viene descritto l’operato all’interno di una famiglia, in cui il più piccolo dei figli (in questo caso la sorella), nonostante la sua grave malattia, prega per il bene di tutta la famiglia e si raccomanda all’Eterno affinché non faccia mancare niente di ciò che i suoi cari necessitano. Questo pijut è diviso in più strofe e alla fine di ognuna di esse viene ripetuta una frase che dice: “Termini l’anno e le sue cose cattive”. I commentatori del testo identificano nella “sorella più piccola” la Nazione ebraica, secondo ciò che è detto nel libro del Deuteronomio: “…poiché voi siete i più piccoli fra tutti i popoli”, la quale , nonostante i suoi problemi si preoccupa del bene di tutti i componenti della sua famiglia. Nei Jamim Noraim, giorni dedicati alla riflessione sulle nostre azioni commesse durante l’anno ed alla teshuvà per quelle meno buone, noi ebrei, nonostante i nostri molteplici problemi, dedichiamo gran parte delle nostre preghiere alla richiesta dei beni materiali, fondamentali per la vita terrena, anche per tutta l’umanità. In effetti questi giorni di grandi solennità – Rosh ha-Shanà e Kippur – hanno, sempre secondo l’opinione dei Chakhamim, un valore universale in cui il popolo di Israele chiede al Signore Iddio il bene e la pace per tutto il mondo. Elo-henu she bashamaim ten shalom ba ‘olam – Signore nostro che sei nel cielo concedi la pace al mondo intero. Le shanà tovà tikkatevu ve techatemu.

Avraham Alberto Sermoneta, rabbino capo di Bologna