Qui Firenze – Un anno per la collaborazione

Mando vivi auguri a tutti gli ebrei italiani per il nuovo anno ebraico 5771. Le sfide da affrontare non sono poche né facili. Dobbiamo trovare le forze di coesione per mantenere e tramandare le peculiarità della nostra storia religiosa e culturale di un ebraismo colto e aperto, che sa includere e non escludere, che riesce ad accogliere e fare suo il bene di ogni tradizione del mondo ebraico, sefardita o ashkenazita, facendola diventare sua, italianizzandola. Un ebraismo riflessivo, ma sempre legatissimo con grande amore alla tradizione rabbinica, alla Terra d’Israele, a Kadosh Baruch Hu. Valori condivisi e scontati nel vicino passato, che oggi vengono messi in discussione, ci dividono e ci portano meno rispetto uno verso l’altro, con spaccature interne fra i rabbanim ed il kahal, fra comunità e maestri, fra tendenze diverse dentro lo stesso kahal che fanno dimenticare l’arte della tolleranza, della convivenza, del rispetto dell’opinione altrui, della saggezza di saper vivere insieme uniti nella diversità. Alcuni diranno: è la conclusione logica e politica della modernità, del diritto di esprimere fino in fondo la propria particolarità per quel minimo che sia. E pure in un passato non lontano ci siamo contraddistinti per la nostra tolleranza, per la saggezza del nostro kahal e dei nostri maestri, che sapevano fare della kaehilà una casa dove ognuno trovava la sua collocazione. Proprio in questi tempi, dove cresce anche all’interno della società ebraica (ed israeliana) l’intolleranza ed il non rispetto per l’opinione altrui, religiosa o politica che sia, manca il nostro contributo ad un ebraismo maturo, coeso, moderato, che rispetta tutti condividendo delle mete comuni di tutta la collettività ebraica. Mi auguro che riusciremo in questo anno a ritrovare e ridefinire un patto sociale fra e dentro le nostre comunità ed i nostri iscritti, su valori etici ebraici, mete e metodologie condivise che riusciranno a dare nuova anima alle nostre comunità. Come figlio cresciuto all’insegna della tradizione ebraico-italiana e nipote di rabbini che guidavano le comunità in passato, il mio cuore piange nel vedere smarrite le qualità secolari del nostro glorioso passato. Rivolgendosi ad Hashem, questo Rosh ha-Shanà, pregherò con voi Kadosh Baruch Hu di rimandare a noi, ai capi delle nostre comunità, ai nostri maestri, e farci riscoprire di nuovo la saggezza del passato: dell’amore per Hashem e la sua Torà, e per ogni persona che lotta e cerca a modo suo la strada verso Hashem, ricordando che ogni anima ebraica è collegata e cerca il suo modo di collegarsi ad Hashem, fonte della vita e dell’etica ebraica. All’insegna del Pirke Avot che i nostri maestri seguivano, a nome di Hillel: “Sii dei discepoli di Ahròn: Amante della pace, che insegua la pace; ama le persone e gli avvicina alla Torà” (Avot,I,12) perché, come spiegava Ben Azai: “Non c’è persona che non ha la sua ora e non c’è cosa che non abbia il suo posto” (Avot,VI,3). Shanà Tovà umetukah a tutti voi. che siano realizzati tutti i vostri desideri buoni e positivi.
Joseph Levi, rabbino capo di Firenze