Qui Firenze – Rav Levi: “Arte ed ebraismo, apriamo un dibattito”

“Parlare del rapporto esistente tra arte ed ebraismo è molto stimolante. Mi piacerebbe che la discussione andasse avanti anche nelle prossime settimane”. Joseph Levi, rabbino capo di Firenze, propone nuovi spunti di riflessione sul tema scelto per la Giornata Europea della Cultura Ebraica 2010. “È un argomento che si presta ad essere approfondito sotto vari punti di vista, teologici ma anche filosofici e culturali. Ad esempio, nonostante il secondo comandamento vieti la creazione e la riproduzione di immagini, all’interno di alcune sinagoghe risalenti ai primi secoli dell’era volgare sono stati rinvenuti mosaici con figure e simboli in stile ellenistico. Un affascinante enigma culturale che ad oggi neanche gli esperti sono riusciti a risolvere”. Il mosaico più conosciuto è lo Zodiaco scoperto nella sinagoga di Beit Alfa, altre testimonianze si trovano in luoghi di culto della Galilea e del Golan. Tutte le rappresentazioni sono statiche, vanno intese in chiave ebraica e non ellenistica, ma resta comunque quella che sembra una curiosa anomalia. “Il fatto – spiega Levi – è che di reale iconoclastia non si può verosimilmente parlare fino alla comparsa sulla scena dell’Islam. Solo in quel momento cessano le commistioni col mondo esterno, casi sporadici ma sintomo di una forte influenza della società circostante sulle dinamiche religiose di alcune comunità ebraiche del tempo”. Il ragionamento del rabbino capo di Firenze prosegue nel contemporaneo: “C’è chi sostiene che gli ebrei, a causa del divieto di rappresentazione, abbiamo prediletto ambiti professionali più astratti come scienza è musica. Probabilmente c’è un nesso logico tra le due cose, ma è altrettanto vero che in questi giorni stiamo celebrando numerosi protagonisti ebrei in campo artistico. Spero allora che la GECE, manifestazione che ogni anno ci permette di aprire con orgoglio una finestra sulla nostra cultura, diventi una grande occasione di riflessione interna. Quanti artisti ebrei sono portatori di una idea e di un concetto figurativo differente perché ebrei e quanti invece portano meno del proprio ebraismo perché assimilati? Chiediamocelo e animiamo il dibattito nelle comunità”. Il Rav un’ideacel’ha: “Premetto che questo è una considerazione generale, ma ho la sensazione che nella nostra società assimilata si tenda a individuare più facilmente l’ebraicità di una persona nelle sue origini piuttosto che nella piena consapevolezza della propria identità. Nel caso degli artisti ci sono molte sfumature da analizzare in profondità, scavando nel loro rapporto con il figurativo e nella ricerca di strade alternative che alcuni di loro, tra cui molti pittori astrattisti, hanno intrapreso”. Parte da qui la proposta di Levi ad aprire un confronto che approfondisca anche il seguente punto: quali sono i limiti halakhici per un artista ebreo e come vengono definiti?. Sul nodo i Maestri si interrogano da sempre. “In occasione dell’inaugurazione dell’Accademia delle Arti di Bezalel – prosegue Levi -, il rabbino Kook scrive una famosa lettera in cui sostiene che tutte le attività artistiche che glorificano anche in forma indiretta la creazione e Dio aprono una finestra sulla conoscenza. La valenza estetica dell’arte come metodo di avvicinamento alla divinità, bellezza che indica divinità e divinità che indica bellezza, questo è il suo punto di vista. Qual è invece il vostro?”.

Adam Smulevich