Un esempio concreto

“Al direttore del coro, salmo di David, composto quando venne da lui il profeta Nathan, dopo che David si era unito con Betsabea”. All’inizio di Kippur ci mettiamo a raccontare le vicende private di un re vissuto tremila anni fa. Non dovremmo preoccuparci di quello che abbiamo fatto noi? Eppure è proprio il salmo 51 che alcuni usano recitare alla fine del pasto che precede Kippur, altri all’inizio del digiuno. E’ vero che per il resto si tratta di un salmo penitenziale, ma allora perché non iniziare dal verso tre? Non sarebbe più facile identificarci con il testo se lasciassimo perdere il contesto storico?
Forse è importante sottolineare che il salmo è stato composto da un uomo politico all’apice della sua grandezza che ha avuto la capacità di riconoscere le proprie colpe. Ed è anche interessante notare che il pentimento è avvenuto grazie a un intervento esterno, a una voce non asservita che ha messo il potere di fronte alle sue responsabilità. Anche Dante fa recitare il salmo 51 da uomini politici, o comunque personaggi pubblici (con la sola eccezione di Pia dei Tolomei): “E ‘ntanto per la costa di traverso/ venivan genti innanzi a noi un poco/cantando `Miserere‘ a verso a verso” (Purgatorio V, 22-24). Non so se sia voluto, comunque nessuno tra i commenti alla Commedia che ho consultato cita il re David: il Miserere è menzionato come salmo penitenziale senza riferimenti al contesto.
Invece noi recitiamo anche i primi due versi, e non possiamo fare a meno di notarli: al di là dell’autorevolezza del personaggio, iniziamo Kippur pensando non tanto alla teshuvà in generale, ma a una specifica teshuvà di una persona specifica in una situazione concreta. Forse questo aiuta noi, persone specifiche, a riflettere concretamente sulle nostre azioni.
Chatimà Tovà a tutti

Anna Segre, insegnante
17 settembre 2010