Pregiudizi radicati
Due rapide considerazioni sulle grevi battute di Ciarrapico e Berlusconi, già ampiamente commentate sulle pagine di questo portale.
La prima riflessione riguarda la triste presa d’atto della diffusa permanenza, nel nostro Paese, di radicati pregiudizi e stereotipi di stampo antisemita. Tale fenomeno, certamente, non riguarda solo l’Italia, e in altre nazioni europee esso sembra ancora più preoccupante, come dimostra, per esempio, il consistente peso elettorale di movimenti dichiaratamente xenofobi e razzisti, che, già radicati in Francia, guadagnano terreno in Inghilterra, Olanda, Ungheria, così come nelle civilissime democrazie scandinave. Ma ciò che sembra distinguere, in negativo, il nostro Paese, è la sostanziale indifferenza, sul terreno della difesa dei valori democratici, della grande maggioranza dell’opinione pubblica. In qualsiasi Paese occidentale la pronuncia, in un’aula del Parlamento, di dichiarazioni inequivocabilmente ingiuriose verso una specifica componente della popolazione avrebbe certamente comportato una vasta, immediata reazione di sdegno popolare, una generale mobilitazione a difesa dei comuni valori della democrazia liberale e della convivenza civile. E lo stesso vale per la squallida storiella raccontata dal premier, che avrebbe preteso di far ridere sulle ceneri di milioni di morti.
I razzisti, purtroppo, ci sono dovunque, e in Italia non sembrano essercene di più che altrove, ma quello che qui pare mancare è l’antidoto di un diffuso impegno civile, l’idea della democrazia come una casa comune da difendere, la coscienza di un dovere collettivo di vigilanza, di tutela della civiltà, sulla quale non c’è da scherzare, così come i genitori non scherzano sulla salute e la sicurezza dei loro figli. Per la maggioranza dei nostri connazionali, invece, i valori di libertà, dignità, rispetto, civile convivenza sembrano concetti astratti, teorici, privi di un’utilità concreta, o, comunque, opzionali, sostituibili. Se ci sono, bene, se vengono meno, pazienza. I rappresentanti delle Comunità Ebraiche sono stati lasciati pressoché soli a esprimere sdegno e protesta, come se a essere colpito fosse solo un loro interesse particolare, di poco conto per l’insieme della collettività. Tale solitudine esalta la responsabilità e il ruolo delle Comunità, ma rappresenta un elemento di grande tristezza e preoccupazione per le sorti del Paese.
Quanto al fatto di sbandierare l’amicizia verso Israele come prova di “anti-antisemitismo”, l’inanità di tale argomentazione è già stata adeguatamente denunciata. Chi solidarizza con Israele e sghignazza sulla Shoah (adducendo la prima azione a scusante della seconda) solleva seri dubbi a livello non solo di coscienza e sensibilità, ma, soprattutto, di intelligenza.
Francesco Lucrezi, storico