Israele e noi – Il mio appello Per la verità, per Israele

Israele sta attraversando un periodo di terribili minacce nei confronti della sua stessa esistenza. E non mi riferisco solo alla minaccia iraniana o ai 40mila missili di Hezbollah dispiegati nel Libano del Sud davanti a un UNIFIL inerme, oppure all’acquisizione da parte di Hamas di missili a lungo raggio che possono raggiungere Tel Aviv. Uno dei maggiori rischi è costituito dalla campagna di delegittimazione di ogni azione dello Stato di Israele, della quale siamo testimoni in tutto il mondo. Israele è sistematicamente condannato dalle istituzioni e dalla stampa internazionale, qualsiasi cosa faccia: sia che cerchi di difendersi da attacchi terroristici, che si impegni a cercare di fermare il rifornimento di armi per Gaza, sia che semplicemente svolga le normali attività di qualsiasi Paese democratico. Continuamente ci giunge notizia di un nuovo boicottaggio di istituzioni israeliane, economiche, accademiche, sportive, artistiche, o della protesta perché a un determinato festival concorrono artisti israeliani. Il doppio standard è lo standard regolarmente utilizzato per giudicare Israele: il Consiglio per il Diritti Umani dell’ONU ha dedicato, dalla sua istituzione nel 2006, ben tre quarti delle proprie risoluzioni di condanna a Israele e l’ONU stesso l’80% dei propri atti. Paesi che violano i diritti umani, che compiono stermini e pulizie etniche, non vengono praticamente mai presi in esame. I massimi consessi internazionali vengono immediatamente convocati per sanzionare continuamente Israele, cosa che non si è mai vista fare per i massacri di curdi in Turchia, le crocifissioni di cristiani in Sudan, le lapidazioni per adulterio e le impiccagioni di omosessuali in Iran. Questa politica è il frutto delle maggioranze automatiche dell’ONU che vedono schierarsi assieme il blocco degli ex Paesi non allineati e quelli dell’Organizzazione della Conferenza Islamica. Il podio dell’ONU è diventato una tribuna abituale per Ahmadinejad, che da lì pontifica su Israele definendolo un’”entità sulla via del collasso” ed essere per questo acclamato e abbracciato dal Presidente dell’Assemblea Generale, come successe nel 2008 con l’allora presidente Miguel d’Escoto Brockmann. La delegittimazione di Israele è un’arma del tutto ideologica, che nulla ha che fare con i fatti della storia. Nel corso dei decenni si è accompagnata alle più disparate ideologie, dall’antisemitismo all’antiimperialismo al terzomondismo. Oggi si affianca al palestinismo, una malattia tipicamente europea, che ha corrotto ogni decenza di linguaggio. E’ prassi vedere usati termini come “razzismo” o “apartheid” per riferirsi a Israele. Lo stesso Mandela dovrebbe protestare perché l’accostamento di Israele con il Sud Africa che lo incarcerò per 27 anni, è del tutto fuori luogo per un Paese che strenuamente pratica la democrazia nonostante sia circondato da terroristi e nemici che lo attaccano in continuazione. La delegittimazione ha le sue fortezze, soprattutto nelle istituzioni internazionali, in alcune vaste aree della comunicazione e nelle élite della sinistra radicale e della destra estrema. L’immenso lavoro ideologico che le ha costruite cominciò con la visita di Arafat al Generale Giap in Vietnam nel 1970. Rispondendo alla domanda di Arafat sul perché la lotta armata palestinese fosse percepita in Occidente come terrorismo mentre quella vietnamita godesse di un grande sostegno, Giap disse che il segreto stava nel conquistare le élite e i mass media, gli intellettuali e i politici, ripetendo in continuazione le più ardite idee, così come era riuscito a fare il comunismo nonostante le sue crudeltà e i suoi fallimenti. Ma l’Europa ha dato grandi segni di comprendere che quel tempo è passato. La delegittimazione di Israele è andata oltre il segno. L’immediata criminalizzazione della vicenda della Mavi Marmara, per esempio, è durata giusto il tempo di rendersi conto che questa nave era stata promossa da un’organizzazione in odore di terrorismo, l’IHH, che aveva letteralmente preparato un agguato a Israele e all’opinione pubblica internazionale. La delegittimazione di massa, la condanna da parte di tutte le élite nei confronti dello Stato di Israele non funziona e non può funzionare. Ce ne accorgiamo dall’immenso numero di adesioni di tutte le parti politiche che pervengono all’iniziativa Per la verità, per Israele che stiamo organizzando a Roma, al Tempio di Adriano, per il 7 ottobre, dalle 18.30. Si tratta di una manifestazione molto diversa da altre organizzate nel passato. La presenza bipartisan di personalità che hanno aderito alla nostra iniziativa e che parteciperanno alla maratona oratoria, ci incoraggia: dall’ex premier spagnolo José Maria Aznar, che aprirà la manifestazione, a vari parlamentari europei dei diversi schieramenti; moltissimi anche i parlamentari italiani, di tutti i partiti, dal ministro Carfagna a Francesco Rutelli, da Furio Colombo a Luca Barbareschi, da Fabrizio Cicchitto a Piero Fassino. Tra i giornalisti alcuni nomi, oltre a Giuliano Ferrara, tra i promotori dell’iniziativa, Paolo Mieli, Ernesto Galli della Loggia, Tony Capuozzo, Maurizio Belpietro, Vittorio Feltri, Peppino Caldarola. E poi personalità come Rita Levi Montalcini e Umberto Veronesi che ci hanno già mandato un loro messaggio di adesione. Queste adesioni ci dicono che stare dalla parte di Israele significa sostenere le ragioni della democrazia, sostenere la cultura della vita contro una cultura di morte, combattere le culture oppressive e violente contro le minoranze, le donne, gli omosessuali. La sola formula “pace in cambio di territori” ha dimostrato la sua inefficacia nel corso degli anni, dopo Oslo, il Libano e Gaza. Una vera pace duratura, nella quale noi speriamo e per la quale lavoriamo, non può prescindere dalla garanzia della fine dell’incitamento all’odio verso Israele e dal riconoscimento di questo Paese come Stato del popolo ebraico da parte di tutti i suoi vicini. Anche questa è una verità che è necessario, con coraggio, affermare. Tutti insieme quindi, in una maratona oratoria: 5 minuti per raccontare ognuno la sua verità su Israele, un concetto, un ricordo, una risposta a quanti continuano quotidianamente a denigrare lo Stato ebraico, per cercare di fare un po’ di luce, per dare un segnale che anche l’Europa ama Israele e vuole che viva in pace.

Fiamma Nirenstein, Pagine Ebraiche, ottobre 2010