Amos Luzzatto: “Fermiamo i negazionismi”

Continua a suscitare accese polemiche il caso di Claudio Moffa, professore ordinario alla Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Teramo, che ha tenuto una lezione il 25 settembre incentrata sull’analisi delle tesi di chi nega la realtà della Shoah. Moffa, che era già stato richiamato all’ordine nel 2007 per aver esposto tesi negazioniste, ha messo in discussione l’esistenza delle camere a gas e i dati relativi allo sterminio arrivando a confutare anche le testimonianze dal vivo come quella di Shlomo Venezia, sopravvissuto al campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau. Su questa controversia abbiamo raccolto il parere di Amos Luzzatto, presidente della Comunità ebraica di Venezia.
Nell’intervento del professor Moffa, si nega l’esistenza di documenti che attestino la volontà di Hitler di sterminare tutti gli ebrei, al contrario la soluzione finale si riferirebbe a un semplice piano di emigrazione di massa. Come si può controbattere a una affermazione del genere?
Quest’affermazione non è di certo una novità nell’ambito negazionista. Hitler dava spesso indicazioni verbali e non scritte. Ho avuto occasione di conoscere Joachim Fest, autore del libro “La disfatta” dedicato agli ultimi giorni di Hitler. Nel suo libro le vicende sono effettivamente romanzate, ma dietro all’aspetto puramente letterario ritroviamo un’accurata documentazione, che ha portato l’autore ad intervistare addirittura la segretaria di Hitler, Traudl Junge, rimasta fino all’ultimo nel bunker di Berlino. Ammettiamo per assurdo che Hitler non abbia mai detto di sterminare gli ebrei e che l’operazione di sterminio sia stata pianificata e attuata da Himmler, Eichmann e dagl’altri sottoposti, ciò non cambia di certo la realtà delle cose. Hitler alla conferenza di Wannsee non c’era, ma ciò non vuol dire che non avesse deliberato in merito alla questione ebraica.
I negazionisti sfruttano però questa tesi per avvalorare altre ipotesi che negano l’Olocausto.
I documenti ci sono, come c’era una proposta di emigrazione di massa che poi è diventata una emigrazione verso la morte. C’era la proposta di mandare in Madagascar tutti gli ebrei europei come c’era il progetto fino all’inizio della guerra di cacciarli in Europa Orientale. Nel 1942 con Wannsee si è invece deciso ben altro, ci sono i verbali della conferenza dove si esplicita e si promuove la soluzione finale. Se si nega questo allora si può dire qualsiasi cosa.
Riguardo ai numeri dello sterminio, Moffa afferma che non esistano prove certe che le vittime ebree nei campi ammontino a 6 milioni e auspica la creazione di una equipe mista di studiosi che riprendano in mano i documenti d’archivio. Ma cosa si trova realmente in questi documenti presi ad esame nell’immediato dopoguerra?
Se uno sa fare una sottrazione ha già il dato esatto in mano. Abbiamo i numeri precisi di quanti ebrei vivevano in Europa prima della guerra e di quanti ne sono rimasti dopo la guerra. Se non si parla di 6 milioni esatti, la cifra si avvicina molto. Che vadano a visitare città come Varsavia o Cracovia dove erano presenti comunità ebraiche fiorenti. Dove sono finiti tutti?
Riguardo alle camere a gas, Moffa per perorare le sue tesi cita lo storico negazionista Faurisson, secondo il quale lo Zyklon B era impiegato per la disinfestazione degli indumenti dei detenuti. Come viene considerata questa tesi da parte della storiografia scientifica ufficiale?
Che si portino i documenti. Non si può decostruire e basta le prove raccolte, bisogna portare dei documenti a sostegno delle proprie tesi. Sul Zyklon B e sul suo utilizzo ci sono i verbali nazisti. I primi tentativi erano stati fatti con i tubi di scarico delle auto e ciò attesta l’intenzione di uccidere con il gas, ma ci si metteva troppo tempo e non si riuscivano a uccidere abbastanza persone contemporaneamente. Hanno quindi trovato un’altra soluzione lo Zyklon B per l’appunto. Sul discorso delle disinfestazioni, non mi pare poi che i nazisti ci tenessero molto a migliorare le condizioni di vita dei deportati. Dormivano schiacciati l’uno sopra all’altro, se si ammalavano venivano lasciati morire e non venivano prese precauzioni contro le epidemie e i contagi. Dovrebbero produrmi dei documenti dove si attesta l’uso dello Zyklon B come disinfettante negli ospedali tedeschi, altrimenti perché utilizzarlo solo per gli abiti dei detenuti?
Citando Norman Finkelstein, autore del testo “L’industria dell’Olocausto”, Moffa afferma che l’Olocausto è stato sfruttato a fini politici ed economici, un’arma grazie alla quale il popolo ebraico, a suo dire “una potenza mondiale”, ha acquisito lo status di vittima. Cosa si può dire a riguardo per fugare qualsiasi dubbio?
Il libro “L’industria dell’Olocausto” non si occupa di mettere in dubbio la Shoah, non la nega, ma discute le modalità con cui è stata organizzata un’ipotetica campagna politica ed economica nel dopoguerra. Si tende quindi a gettare nello stesso calderone diversi argomenti che vanno invece affrontati separatamente.
Si è arrivati a mettere in dubbio anche le testimonianze dirette, come quella di Shlomo Venezia e di molti come lui hanno vissuto la Shoah in prima persona. Nel recente libro di David Bidussa “Dopo l’ultimo testimone” si analizza proprio il problema di come dovrà essere veicolata la memoria dopo la scomparsa delle voci testimoniali.
Siamo davanti a una sottile manovra, proprio in attesa dell’ultimo testimone. Poi nessuno più parlerà con cognizione diretta e così si potrà affermare tutto e il contrario di tutto. Si potrà affermare che gli ebrei sono talmente bravi a mentire da riuscire a farsi passare per vittime al fine di ottenere dei benefici.
Qual è lo scopo di questa campagna di delegittimazione che si sta prospettando per il futuro?
Le campagne si preparano progressivamente, demolendo certi stereotipi e costruendone altri ed è questo che si sta cercando di fare. Nella campagna di salita al potere di Hitler, la Germania del 1918 veniva presentata come un paese martoriato per gli enormi debiti di guerra e per l’amputazione del territorio, estremizzando problematiche di certo esistenti. La stessa cosa si fa ora per quanto concerne il problema israelo-palestinese che però è solo la causa occasionale utile alla proliferazione di un certo tipo di antisemitismo. Due sono gli elementi utili a questa campagna: la negazione dell’Olocausto e l’incriminazione di Israele. Un’incriminazione che non si limita alla critica per la politica sbagliata del suo governo, ma per la politica di tutto Israele, fino all’ultimo contadino e mendicante.
Come possiamo affrontare a tuo parere questa situazione?
Diffondendo l’idea che Israele è un paese come tutti gli altri. Il suo governo può essere criticato, ma non si possono rovesciare le colpe dei governi sui loro popoli. Questo è antisemitismo e a questo dobbiamo opporci. La colpa però è anche nostra. Abbiamo spesso la tendenza a glorificare anche gli elementi discutibili della politica israeliana. Non possiamo diffondere ad esempio l’idea che Israele sia l’unica democrazia del Medio Oriente senza spiegare il perché. Dobbiamo spiegare che è l’unico paese dell’area dove è presente in parlamento un’opposizione legalizzata, dove due giornali a larghissima tiratura come Haaretz e Yediot Aharonot non perdono occasione per sparare contro il Governo e continuano a farlo indisturbati. Questi sono elementi fattuali di democrazia che non sono presenti in Egitto, in Giordania e in Siria. Inoltre dobbiamo continuare a parlare di Israele in termini culturali, sociali, promozionali e non in termini prettamente politici. Parliamo di come funzionano le università, di come si fa ricerca a livelli altissimi e non solo di come viene portato avanti il conflitto.

Michael Calimani