Un dono di Bar Mitzvà

Il Bar Mitzvà è una stazione importante nel viaggio dell’anima ebraica. Nel nostro kibbutz il gruppo dei ragazzi di dodici, tredici anni vive una serie di esperienze nel corso di tutto l’anno: esplorano la storia e le tradizioni della propria famiglia, si cimentano in progetti di volontariato , incontrano personalità, dedicano il loro tempo alla cura e all’estetica del kibbutz e l’avvenimento culmina con una grande festa per tutta la kehilla. Ma si sa, ciò che facciamo e il tempo che dedichiamo ai nostri figli non ci sembra mai sufficiente e a volte neanche ce ne accorgiamo e sono già più alti di noi e sanno tante cose che neanche immaginavamo. Bisogna fermarsi un attimo per poter guardarli negli occhi, ascoltarli e raccontare loro tutte quelle cose belle che vorremmo che sapessero oltre a ciò che vedono in TV o nei mondi virtuali che tanto li appassionano. Abbiamo prenotato un Caravan da Israele e siamo partiti per l’Europa: noi tre, Yehuda, Or ed io. Al nostro arrivo, alla vigilia di Sukkot, eravamo a Bruxelles, dopo l’Atomium e la Grand Place ci siamo avventurati per le vie della città per cercare una Sukkà…per dare una benedizione al Bar Mitzvà e ai suoi due fratelli lontani che festeggiavano in Kibbutz e al terzo che faceva la guardia a chi festeggiava a Hevron. La Sukkà di Bruxelles era splendida! Sembrava uno dei modellini esposti al Museo di Beit HaTfutzot: tutta di legno e sotto al tetto di rami c’erano appesi frutti di ogni forma, grandezza e colore. Sui tavoli ,sistemati in cerchio, cibi orientali, specialità del Belgio e gefilte fish. Il capo della Comunità ci ha invitato a sederci al tavolo d’onore e alla Birkat Ha Mazon abbiamo cantato con la stessa melodia che si canta in Israele e in Italia. Per le strade d’Europa abbiamo sentito che il mondo sta crescendo…. che sta cercando la strada per ridare linfa ai valori, all’Amore dimenticato sotto i vessilli di Napoleone, di Hitler, di imperatori e dittattori che si sono susseguiti lasciandosi alle spalle morte, dolori e archi di trionfo. Ci siamo fermati a Waterloo. L’avevamo vista 30 anni fa, in viaggio di nozze. Il messaggio di glorificazione della guerra che ricevemmo allora è stato sostituito con un vero e proprio manifesto per la pace, rispetto per la democrazia e giustizia sociale. Insieme a Or abbiamo visitato la casa di Anna Frank. Ora, dopo aver allestito uno spettacolo sulla vita di Anne, nel quale anche Or aveva preso parte, dopo aver vissuto due vere guerre in Israele, quel diario risveglia sensazioni ancora più intense, speranze ancora più profonde e la determinazione più indiscussa nel continuare l’opera educativa di Beresheet LaShalom.
E in Europa siamo ebrei, siamo israeliani, ma siamo anche italiani: a Geithoren, “cittadina boutique” tutta costruita su canali nella quale si passeggia su piccoli motoscafi, dopo aver incontrato famiglie in vacanza da Rishon, da Gerusalemme e da Raanana, siamo entrati nel ristorante che ci sembrava più attrattivo: una bella bandiera d’Italia e il nome “Fratelli” ci ha incoraggiato ad entrare…perlomeno per leggere il menù e vedere che proponevano (non si può mai sapere che ti danno!!!) ci ha accolto un bel ragazzo bruno che parlava olandese con l’accento… siciliano: “Ma siete proprio italiani? “gli domando “Certo signora, di Agrigento…e voi?” ” Io sono di Roma…ma abitiamo in Israele..in Galilea…” da quel momento in poi gli occhi di Fabio non hanno smesso di brillare nemmeno per un attimo. Ad ogni portata (ottima) si soffermava a domandare qualcosa in italiano su Israele, sul Teatro dell’Arcobaleno, su Gerusalemme e poi lo raccontava ai commensali degli altri tavoli che lo guardavano incuriositi. Ci siamo lasciati con un abbraccio, dopo che mi ha messo in mano una bottiglia di Nero D’Avola per ricordo sotto lo sguardo incredulo e divertito del mio sabre di kibbutz che è abituato alle gentilezze e agli atti di amore sconfinato del ramo romano della nostra famiglia e si compiace ogni volta dell’interesse che questo “nodo Italia – Israele” riesce a risvegliare! Il culmine del viaggio è stato a Parigi. Dopo aver riconsegnato il caravan siamo stati ospiti di una coppia di amici: lei, Adriana di Trieste, sionista nell’anima, con Israele in tutte le vene e lui, Michel, sessantottino, esperto di ogni angolo di Parigi…insieme ci hanno aiutato a costruire un puzzle dove Or si è esposto agli impressionisti, al sorriso di Mona Lisa, ai ponti sulla Senna e al panorama mozzafiato dell’ultimo piano della torre Eiffel. Poi, la mattina di Simchat Torah, in giro per sinagoghe tra Rue de la Rosiers e Place des Vosges, allo spettacolo travolgente delle Hakafot con i Sefer Torah in mezzo alle strade di Parigi! Le domande, gli sguardi assorti e le riflessioni di Or nelle serate della nostra casa viaggiante o davanti a statue e palazzi, sotto la pioggerellina di settembre o davanti ad arcobaleni scintillanti sono stati la nostra benedizione. Perché anche noi adulti, a volte, dopo tanti sforzi, abbiamo bisogno di benedizioni!.

Angelica Edna Calò Livne