Contro il negazionismo
Ci sono state le camere a gas e i forni crematori; c’è stato lo sterminio degli ebrei nel cuore dell’Europa. La Shoah ha avuto luogo. Non si deve lasciar scivolare il mondo in uno stato in cui sia possibile insinuare il dubbio che l’annientamento abbia avuto luogo.
La risposta a chi nega l’«annientamento» non può essere una risposta basata su cifre e dati, su documenti, prove, testimonianze. Lo sterminio non è solo una questione di argomenti o di storia. Uno dei tratti che caratterizzano il negazionismo è quello di ritenere ogni testimonianza diretta di un ebreo una «menzogna» – Hitler definisce l’ebreo un «maestro nell’arte di mentire» – e dunque lo sterminio una invenzione della propaganda ebraica.
Per rispondere occorre anzitutto chiedersi: chi sono oggi i negazionisti? Chi sono quelli che dichiarano che le camere a gas non hanno avuto luogo? Chi sono coloro che tentano di organizzare una menzogna così enorme? La loro «verità» è quella di Hitler. I negazionisti pensano che Hitler ha fatto quello che ha potuto, ma che la guerra totale contro gli ebrei deve ancora essere portata a termine. Che cosa vuol dire negare che le camere a gas abbiano avuto luogo? Vuol dire assumerne la necessità nel domani. La negazione di quel che ha avuto luogo è, a ben guardare, il dover essere dell’antisemitismo assoluto.
I negazionisti, cioè gli hitleriani della seconda e della terza generazione – dopo la Shoah – sono andati costruendo il luogo della loro negazione nell’ombra propizia. Hanno approfittato di un atteggiamento eccessivamente difensivo, di un racconto affidato alla memoria, alla testimonianza, all’archivio e al lavoro degli storici. Come se si trattasse solo di passato, non anche, e soprattutto, di futuro. E hanno fatto buon uso dell’argomento della «unicità» di Auschwitz che lo ha relegato ad un indicibile, impensabile e dunque inesistente. Argomento devastante che deve essere rovesciato: è un dovere pensare e dire Auschwitz.
I negazionisti odierni, i nazisti universitari, hanno prosperato nelle accademie, in quelle italiane non meno che in quelle tedesche e francesi, dove il nazismo è stato ed è definito una «follia», dove è mancato l’interesse e il bisogno di interrogarsi seriamente sul nazismo come fenomeno «politico». Così i negazionisti hanno trovato e trovano complicità, udienza e audience, si avvalgono di una orchestrazione mediatica, traggono profitto da una politica nazionale e nazionalistica (variante sommessa della politica nazista) che parla di «espulsioni» e «rimpatri», che ha il gusto per il marchio e lo statuto speciale, che punta l’indice contro l’immigrato, il clandestino, lo straniero. Il nazismo è stato una politica che va ancora indagata e messa a fuoco; questa politica non è passata, superata e separata; al contrario ha un rapporto di collusione con le politiche criminali.
Le camere a gas e lo sterminio degli ebrei d’Europa hanno avuto luogo. Questo luogo non è in questione. Piuttosto in questione è il luogo di chi lo nega. Perché un mondo in cui viene messa in dubbio l’esistenza delle camere a gas è un mondo che già consente la politica del crimine, la politica come crimine.
Donatella Di Cesare, filosofa