Voci a confronto
I miei lettori avranno certo osservato che troppo spesso, purtroppo, io ed alcuni colleghi e amici siamo costretti a prendere posizione contro un certo modo di rappresentare le questioni relative ad Israele nei media (non solo italiani, per carità). Nei giorni scorsi il Corriere ha pubblicato su internet (in buona compagnia con Al Jazeera, the Guardian e tante altre testate) un video nel quale si fa vedere, e si spiega al lettore, la vicenda del solito, cattivo israeliano (per di più vicino ai coloni, il che non guasta mai) che, con la sua auto, investe un ragazzino palestinese, gli spacca una gamba, si ferma ma subito dopo scappa senza prestare soccorso. Chi fosse interessato lo potrà vedere qui . Peccato che il video in oggetto, nella versione integrale, mostri chiaramente che si è trattato di un vero e proprio attacco pre-organizzato contro il cattivo israeliano da parte dei palestinesi, con la complicità di numerosi fotografi di diverse grandi case esperte nella manipolazione delle notizie. Contrariamente a quanto il video tagliato vorrebbe far credere, infatti, è stato l’israeliano a essere aggredito da un’orda di ragazzini (sempre messi in mezzo in situazioni comunque inadatte alla loro giovane età), sospinti da adulti pronti a lanciare pietre (che possono benissimo uccidere se colpiscono giusto), nel bel mezzo di un vero e proprio set fotografico preorganizzato. Chi lo desidera potrà a questo punto cliccare qui e si renderà conto in prima persona di come sia sottile l’arte di disinformare, anche con quelle immagini che, di per se stesse, dovrebbero essere invece la prova inoppugnabile di quanto si sostiene. Tanti quotidiani ritornano oggi su questo episodio: su Repubblica una nota accanto all’articolo di Scuto dice: “l’israeliano lancia l’auto contro il bambino”. Dal momento che poi la polizia israeliana è intervenuta contro i responsabili di questo episodio, come avviene in ogni paese del mondo (a parte quelli nei quali interviene anche contro chi non è colpevole di nulla, ma questo è un altro discorso), vediamo che Scuto nel citato articolo di Repubblica si stupisce che l’israeliano, fermato dalla polizia, sia poi stato rilasciato senza alcuna imputazione. Chi avrà guardato il video potrà giudicare il modo di informare di Repubblica. Molte testate poi titolano la vicenda parlando di un bambino arrestato ad 8 anni (a parte il numero di anni che varia fino a 12), e arrivando a falsificare ulteriormente la verità sostenendo che ai genitori sarebbe stato impedito di salire sull’auto della polizia. A smentire Repubblica(e se stesso) serve Avvenire che, sotto il titolo “in manette bimbo di 8 anni” scrive poi che, dopo essere stato condotto in commissariato coi genitori, è poi stato rilasciato (sic). Qui leggiamo pure che gli agenti hanno l’ordine di prendere in custodia chiunque sia sorpreso a commettere violenze. Invito a questo punto i miei lettori a riflettere un momento sul livello dell’informazione nel nostro paese.
Il grande raduno promosso da Fiamma Nirenstein a Roma si è appena concluso, e troviamo chiaramente espressi sentimenti che troppi italiani nutrono ancora: tra gli articoli che ne parlano invito a leggere Buffa su l’Opinione, e così vedrete che, ad esempio, Roberto Saviano non è più l’amato eroe ma un nemico al quale non si deve più credere, che si deve vergognare…e via dicendo. Almeno 50 pagine su 73 raccolte da Radio Radicale dimostrano come l’antisemitismo è ben radicato anche nella nostra Italia. Le recenti decisioni adottate dal governo israeliano, discutibili e discusse anche in Israele, vengono tuttavia percepite coi toni regolarmente anti qualsiasi atto di qualsiasi governo israeliano: su Rinascita lady Ashton, ministro degli Esteri della UE, invita Israele a garantire i diritti di tutti i cittadini, ebrei e non ebrei. Ho scritto che molti hanno discusso su questo provvedimento, ma mi si permetta di chiedere a lady Ashton come mai non abbia mai speso una parola contro Abu Mazen che ha dichiarato che nello stato di Palestina gli ebrei non potranno vivere, neppure come soldati di un’eventuale forza internazionale di pace. Altro che chiedere loro di giurare fedeltà allo stato (prassi per altro comune a tanti stati, anche europei). Giorgio sul Manifesto riporta le oneste parole di chi, tra i palestinesi, dichiara che loro non riconosceranno mai Israele come stato ebraico; questo è perfettamente in accordo con i dettati del Corano che impone che quella terra torni ad essere una terra islamica, come è stata tanti secoli addietro (ndr). In un video disponibile su youtube si può infatti ascoltare lo stesso Arafat che dichiara di “volere un califfato unico dal Marocco allo Yemen”, non certo uno stato palestinese. E questo sostiene, in un’intervista, lo stesso Nusselbeh, scrittore e preside dell’Università palestinese; i palestinesi, tranne per un breve periodo all’epoca dell’intifada, non hanno mai desiderato avere uno stato palestinese, ma tendono alla creazione di uno stato binazionale con tutti i cittadini (almeno fino a quando lo controlleranno loro ndr) con pari diritti. E’ sufficiente guardare a quanto succede nei vari paesi islamici per capire la sincerità di queste parole. Chi tuttavia mostra di credere a queste storielle è l’Unità che, sotto il titolo “Settimo cielo – la terra delle religioni”, scrive che nella penisola arabica i cristiani sono in aumento. Tace la testata, tuttavia, sulla grave mancanza di diritti che questa popolazione in crescita deve subire. Sono in realtà cittadini di serie B che fanno i lavori che i ricchi sauditi (e i cittadini degli emirati) non vogliono fare. Quanto poi agli ebrei, un tempo pure presenti e numerosi in quelle terre, e oggi del tutto impediti di semplice accesso, l’Unità stende un vergognoso silenzio. A pochi giorni da quando si è aperto il Sinodo dei vescovi, la Voce repubblicana, molto critica, dedica un attento articolo nel quale esprime soddisfazione per il fatto che, “finalmente, il sinodo ha gettato la maschera”. Certamente nei prossimi giorni leggeremo altre attente valutazioni sulla grande vicinanza della Chiesa alle posizioni palestinesi che, tuttavia, la storia insegna, non basterà a ridurre le sofferenze dei cristiani nelle terre islamiche. Nel giorno dell’arrivo in Libano di Ahmadinejad Fiamma Nirenstein firma un puntuale articolo sul Giornale dal quale traspare che l’Iran ha preso di fatto il controllo completo della repubblica dei cedri (cosa che non deve fare affatto piacere ai siriani, pur amici dell’Iran). E quale sia il sentimento degli iraniani (almeno di molti di loro) ce lo spiega, sul Foglio, un articolo che parla del blogger iraniano, scappato in Canada, Hossein Derakhshan: egli dice ai suoi tanti lettori rimasti in Iran come è davvero Israele i cui abitanti vantano un’amicizia storica coi persiani. Hossein assicura gli israeliani che identico spirito di amicizia troverebbero in tantissimi suoi amici iraniani. Se si dovesse arrivare ad uno scambio di territori, le Figaro scrive che lo Shin Beth, servizio di sicurezza interna, teme che gli arabi israeliani che passassero dalla parte palestinese potrebbero reagire con violenza per opporsi a tale decisione, così come farebbero i coloni che perdessero la speranza di creare la Grande Israele. E lo Shin Beth teme pure che, a quel punto, Hamas prenderebbe, con la forza, tutti i territori palestinesi. E, a proposito di servizi, su El Mundo ci si stupisce che gli agenti segreti israeliani possano, se del caso, arrivare ad avere rapporti intimi col nemico da colpire: ma non è uno dei metodi più comuni usati dalle spie di tutto il mondo? Se quelli israeliani non possono farlo (lasciamo stare coloro che per motivi religiosi comunque non lo farebbero mai), siamo di fronte ad una neanche tanto velata forma di antisemitismo, a me pare. Sul Foglio leggiamo le storie di laureati del premio Nobel che, in un passato lontano, hanno difeso chiaramente la selezione della razza ed in tal modo hanno ottenuto il premio per la Medicina o per la Pace; forse, un giorno, verranno criticamente rilette anche alcune pagine del recentemente laureato Mario Vargas Llosa che non si preoccupa, contro Israele, di scrivere le peggiori falsità (come il sostenere che nel muro ci sarebbe l’alta tensione per poter fare una similitudine con l’apartheid del Sud Africa). Infine, una nota divertente, se così si può dire: il Foglio riprende le parole del ministro Yaalon dalle quali traspare un profondo pessimismo, ed osserva che anche Netanyahu avrebbe gravi difficoltà a condurre questo negoziato: il Foglio suggerisce di inviare, al termine della vendemmia, Gad Lerner, uno di coloro che, evidentemente, pensa di possedere la bacchetta magica.
Emanuel Segre Amar