Qui Roma – Festival di letteratura tra filosofia e femminismo
È iniziata con un approfondimento sulla figura di Carlo Michelstaedter, inquieto filosofo goriziano suicidatosi a 23 anni di cui ricorre in questi giorni il centenario dalla morte, la quarta giornata del terzo Festival Internazionale di Letteratura Ebraica. Numeroso il pubblico presente alla Casa dell’Architettura nonostante il giorno feriale e l’orario mattutino. Sul palco Sergio Campailla, uno dei massimi esperti di Michelstaedter nonché curatore della grande esposizione e del convegno di studi a lui dedicati che si svolgerà nei prossimi giorni a Gorizia, ha dialogato col Rav Benedetto Carucci sul pensiero e sugli studi del filosofo. Nato in una famiglia poco osservante ma di solide tradizioni ebraiche, Michelstaedter aveva un forte interesse per la Kabbalah e per i testi sacri che emerge in molti suoi scritti anche se non in modo organico. Gli interventi di Campailla e Rav Carucci si sono soffermati proprio sulle sfumature ebraiche dei lavori di Michelstaedter, “ebreo che non va in sinagoga” ma che nei suoi lavori lascia trasparire un legame importante con la propria identità culturale e religiosa. Il dialogo tra i due interlocutori è stato stimolato anche da alcuni studenti presenti tra il pubblico che hanno proposto domande e spunti di riflessione. Nel pomeriggio il protagonista assoluto del Festival è stato l’umorismo ebraico con mattatori l’editore Daniel Vogelmann, il critico letterario Bruno Gambarotta e il produttore cinematografico Enrico Vanzina. I tre hanno analizzato temi e origini dello humour yiddish, elemento permeante della società nordamericana e in parte anche di quella europea. Vanzina, che ha spiegato al pubblico romano di essere un grande fan dei fratelli Coen e dell’umorismo ebraico in tutte le sue sfumature, ha individuato alcune analogie con l’umorismo italiano sottolineando come in entrambi i filoni della risata i personaggi descritti molto spesso debbano appropriarsi di identità diverse dalla propria per arrangiarsi e sopravvivere. Numerosi gli spaccati di ilarità regalati da Gambarotta e Vogelmann, in particolare quando quest’ultimo ha raccontato alcune delle storielle raccolte nel libro di barzellette che ha da poco pubblicato e di cui è autore. Così Lord Rotschild, la terribile yiddish mame, abitanti degli shtetl e rabbini di località ormai scomparse dal mappamondo ebraico hanno popolato la sala, suscitando a più riprese applausi e risate (anche malinconiche) tra gli spettatori. Lo humour ha caratterizzato anche il terzo incontro di giornata, che ha visto interloquire Alessandra Farkas con la scrittrice statunitense Erica Jong, una delle penne più note della letteratura ebraica al femminile. Incalzata dalle domande della Farkas e del pubblico, Jong ha ripercorso le tappe più importanti della sua carriera e parlato di alcuni suoi romanzi tra cui il celebre Paura di Volare (1973) che a suo tempo suscitò non poco scalpore per la schiettezza con cui erano trattati temi molto intimi e delicati. Affabile e simpatica, la scrittrice newyorkese ha affrontato con garbata e sottile ironia situazioni attuali soffermandosi soprattutto sulle nuove icone del femminismo e sui rapporti spesso difficili tra sessualità e religione.
Il Festival Internazionale di Letteratura Ebraica si chiude in data odierna con due appuntamenti. Alle 19.30 alla Casa dell’Architettura in programma un dialogo a due voci tra Alessandro Piperno e Howard Jacobson mentre alle 22.00 al Palazzo della Cultura Raiz e Radicanto proporranno un concerto dedicato alle musiche del mediterraneo.
Adam Smulevich