Qui Milano – In ricordo di Astorre Mayer
Astorre Mayer è stato un personaggio fondamentale della storia della Comunità ebraica di Milano. Nato nel 1906, laureato in ingegneria al Politecnico di Milano, Astorre Mayer si dedicò alla sua professione di industriale. E all’indomani della Seconda guerra mondiale fu la figura capace di guidare l’ebraismo milanese fuori dagli anni bui, grazie alla sua instancabile attività. Alla Società Umanitaria è stato presentato il volume che raccoglie gli atti del convegno “Per ricostruire e ricostruirsi. Astorre Mayer e la rinascita ebraica tra Italia e Israele”, Franco Angeli Edizioni 2010, a cura di Marco Paganoni. A introdurre il tema è stato il giornalista e studioso Arturo Colombo. “Astorre Mayer ha trascorso tutta la vita senza mai dimenticare i suoi confratelli – ha ricordato il professor Colombo – Non dimentichiamo che la Comunità ebraica di Milano nel Dopoguerra era passata da 7 o 8 mila persone a circa 4500, a cui si aggiungevano i profughi, ospitati nel palazzo Odescalchi di via Unione 5. Astorre Mayer si occupò di tutti loro. Ma non si limitò a questo: come disse Spadolini, Astorre Mayer fu sempre presente al cuore dei milanesi”. Sono state poi messe in evidenza le grandi capacità diplomatiche di Mayer, che fu il primo console onorario di Israele a Milano. E che, ha ricordato Morris Ghezzi della Lega internazionale per i diritti dell’uomo, dimostrò di saper leggere il momento storico fondamentale del processo di rinnovamento che stava vivendo la Chiesa. “Astorre Mayer ebbe stretti rapporti sia con Giovanni XXIII sia con l’Arcivescovo di Milano Giovanni Montini, prima che salisse al soglio pontificio come Paolo VI. Non è un caso che fu proprio con questi papi che la Chiesa si aprì alla questione sociale e al dialogo interreligioso” ha spiegato il professor Ghezzi. Infine Maria Luisa Cicalese, ordinario di Storia delle dottrine politiche all’Università Statale di Milano, si è soffermata sul filantropismo di Mayer, tanto nei confronti dei suoi correligionari, quanto verso i suoi operai e i cittadini milanesi “perché Mayer ripeteva sempre che occorre ‘lavorare con le nostre mani e non aspettare inerti l’aiuto altrui” ha concluso la professoressa.
Rossella Tercatin