Legge e negazionismo, “Interveniamo sull’insegnamento”
Insieme a molti altri – assai più autorevoli del sottoscritto – nei giorni scorsi ho avanzato alcune perplessità sulla proposta di una legge contro il negazionismo. Sia ben chiaro che tutti riteniamo aberrante negare o ridurre la tragedia della Shoah. Si tratta però di un problema assai complesso: i reati di opinione sono una materia delicatissima, e non è affatto detto che processando questi personaggi senza nessuna credibilità li si indebolisca. Anzi. Oltre a farne – come molti hanno sottolineato – dei potenziali martiri della libertà di espressione, ho forti dubbi sulla punibilità reale di alcune affermazioni. Ad esempio, se qualcuno sostiene che le vittime ebree nei lager non sono state sei milioni, ma meno, quale giudice potrebbe comminargli una sentenza? E immaginiamo cosa accadrebbe se un personaggio del genere venisse assolto!
Dal punto di vista generale c’è un terzo problema. Una legge di questo tipo dovrebbe necessariamente comprendere anche altre vicende storiche. Sarebbe accettabile, per esempio, un professore che negasse l’utilizzo da parte degli italiani dei gas durante la guerra di Etiopia? O che sostenesse che le foibe non sono mai esistite? Chi può arrogarsi il diritto di decidere chi sta dentro e chi sta fuori dal perimetro della legge?
Tuttavia il senso della proposta non sfugge. Riccardo Pacifici si è fatto interprete di un sentimento di rabbia e frustrazione che riguarda tutti noi, soprattutto a poche ore di distanza dall’anniversario del 16 ottobre 1943. Qualcosa occorre fare.
Personalmente ritengo che bisognerebbe intervenire sull’insegnamento, per impedire che persone così screditate possano insegnare nelle scuole o nelle università. Come? Si potrebbe forse istituire una commissione ministeriale – in modo che siano tutelate le varie categorie professionali, composta da membri di chiara fama – che, dotata di poteri reali e capace di muoversi in tempi ragionevolmente brevi, possa comminare sanzioni (sospensione, espulsione, spostamento) e ripristinare un insegnamento corretto e rispettoso della storia e della dignità delle vittime.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas