Voci a confronto
L’Herald Tribune, a seguito di un’indagine demoscopica sulle conoscenze in ambito religioso degli americani, osserva che, dopo la guerra, anche religiosa, scatenata contro l’Occidente da Bin Laden, l’ignoranza dei cittadini in materia è drammatica: circa il 50 per cento ignora che il Corano è il libro sacro dei musulmani, oltre il 50 per cento dei protestanti non sa nulla di Lutero e il 40 per cento degli ebrei ignora che Maimonide fu un grande della cultura ebraica. Nell’ottica di una doverosa informazione ai cittadini rientra quanto succede a Milano dove un giovane ha insultato degli ebrei che si recavano in sinagoga. Invece di arrivare ad un processo, si è preferito giustamente prendere lo spunto dalla lettera di scuse di questo giovane che affermava tra l’altro che, essendo giovane, ignorava, come tanti, la storia; la Comunità ha quindi preferito accogliere questo diciannovenne ignorante, per un giorno intero, nei propri locali, per fargli toccare con mano che cosa è l’ebraismo. Solo una giornata, ma è senz’altro una iniziativa da accogliere con entusiasmo. Come questo giovane ignora la storia, così la ignorano, o fingono di ignorarla, anche tanti, troppi professori, e le discussioni sul caso Moffa continuano anche oggi. Sul Fatto Quotidiano Marco Politi fa il quadro della situazione e riprende le diverse opinioni che, nei giorni scorsi, abbiamo potuto leggere, in favore e contro la proposta di Pacifici. Per Amos Luzzatto, intervistato da Liberazione, non basta una eventuale legge, alla quale non sembra comunque contrario, perché il problema è più profondo, va oltre la legge, ed in Italia non è mai stato affrontato. Gran verità da ben meditare da parte di tutti. Dino Levi scrive su Liberazione quanto abbiamo invano cercato nei tanti articoli pubblicati nei giorni scorsi: la negazione di fatti storici non è un’opinione. Parole sacrosante. Un lettore, infine, su Repubblica, porta all’attenzione di tutti che dal novembre del 2008 vi è l’obbligo, per i paesi della UE, di legiferare su questa delicata materia. Ancora anche oggi alcuni articoli sul Sinodo dei vescovi: il Riformista confonde, in un unico calderone, tutti i diversi paesi del MO nei quali le condizioni dei cristiani sono ben diverse; a titolo di esempio non sembra trascurabile il forte aumento in Israele di cittadini di religione cristiana, del tutto taciuto nel Sinodo, a differenza di quanto succede in tanti paesi dell’area dove il trend è drammaticamente opposto; su Discussione, sotto il titolo “Ai media: più attenzione a persecuzione cristiana”, troviamo che questo importante argomento è appena sfiorato, mentre si leggono solo parole sulla convivenza, il dialogo e la tolleranza. La Voce Repubblicana riprende le parole dei vescovi sulle ragioni del fondamentalismo e scrive con molta chiarezza che i fattori originari del fondamentalismo vanno ben oltre lo stato ebraico ed i suoi coloni; per rimuoverli non basterebbe estirpare lo stato ebraico e nemmeno sterminare i suoi coloni. Se si parla di tolleranza il pensiero corre subito ad Ahmadinejad (e magari anche ad un ONU che non ha espresso una sola parola sulle sue dichiarazioni); il dittatore iraniano, dopo quanto disse in Libano, si è ripetuto visitando una provincia del suo sterminato paese; apparentemente ha dimenticato ora anche le critiche ricevute in patria quando tre anni fa sostenne che il Mahdi dirige gli affari del paese; chi si preoccupa dello stato delle cose in Iran non poté, allora, non protestare contro chi cerca il sostegno della figura messianica sciita per puntellare una situazione tragica sotto tanti punti di vista. Su Le Monde la scrittrice libanese Dominique Eddé, da Parigi, si scaglia proprio contro le recenti dichiarazioni di Ahmadinejad; peccato che alla fine del suo articolo non trovi di meglio che mettere sullo stesso piano il dittatore iraniano col primo ministro e col ministro degli esteri israeliani. Inoltre, se è davvero sicura che tanti islamici in Europa hanno la sua opinione, vorrei vederne tanti esprimersi apertamente anziché soggiacere ad un radicalismo che pare non trovare sufficienti ostacoli. E che questi ostacoli siano, forse, insufficienti, lo vediamo anche dopo l’incontro che si è tenuto a Roma con l’inviato speciale USA Holbrooke per discutere di Irak: a proposito del futuro di questo paese, l’americano, rappresentante del Presidente Obama, ha affermato che gli USA non hanno nessun problema a sedere allo stesso tavolo con l’Iran. Se è vero che è col nemico che si deve cercare un’intesa, bisogna anche chiedersi se oggi questo eventuale (a meno che sia già in atto) dialogo possa portare ad una definitiva soluzione dei problemi. Holbrooke dovrebbe leggere quanto Chalabi dichiara a La Stampa: le manovre di Al Maliki che visita Teheran e stringe accordi con l’estremista Al Sadr non porteranno a nulla di buono per il futuro dell’area (e, aggiungo io, dell’Occidente tutto). Gli USA sembrano quasi combattere per portare il massimo dei vantaggi ad altri, come i cinesi, mentre nel paese, a tanti anni dalla caduta di Saddam, sono ancora in vigore tutte le sue leggi economiche che impediscono quel decollo del settore privato necessario per normalizzare qualsiasi paese. Sul progetto di legge del governo israeliano che vorrebbe far giurare fedeltà ai nuovi cittadini dello Stato Ebraico nel momento dell’assunzione della cittadinanza, continua una informazione non completa e di parte. Se ne parla, ad esempio, sul Riformista, ma anche qui, come ieri Gad Lerner su Repubblica, si tace sulle fondamentali dichiarazioni del premier Netanyahu che vuole imporre tale giuramento a tutti i nuovi cittadini, e non solo a quelli non ebrei. Questa notizia da tutti taciuta (l’ho letta solo sul sito del francese CRIF) non mi pare da sottovalutare, in attesa che sia la Knesset a deliberare. Poche oggi le notizie da Israele; da criticare severamente è l’articolo di Stabile su Repubblica apparso sotto il titolo: Fermate le guide arabe; un deputato dell’opposizione di centro ha espresso la volontà di impedire alle guide arabe di fare opera di grave disinformazione coi turisti in visita a Gerusalemme, ma ha successivamente bloccato quella che non era altro che una sua proposta. Questo non ha evitato a Repubblica di uscire con un grande titolo di condanna. Quante pagine sarebbero necessarie a questo quotidiano se dovesse parlare delle idee che frullano per la testa di tutti i parlamentari del mondo, di maggioranza o di opposizione? Nell’articolo, poi, si sfiora appena la criticabile decisione di Gran Bretagna e Spagna di non partecipare al vertice di OCSE che si svolge a Gerusalemme, organismo nel quale Israele è appena entrato come membro di diritto, e nello stesso articolo vi sono anche altre gravi affermazioni come quando si dice che a Gerusalemme Est solo a una frazione di abitanti è stato permesso di votare; se non si dice che a tutti fu concesso di scegliere se volevano diventare cittadini di Israele o no, non si può capire quanto ne deriva logicamente e democraticamente. Intanto, dalle colonne del Financial Times apprendiamo che i dirigenti palestinesi (e immagino della Lega araba) stanno dibattendo sulla opportunità di far votare dall’ONU una risoluzione che è ancora tutta da definire: tra la nascita di uno stato palestinese e la condanna dei coloni le strade sono tante, e la posizione degli USA col loro diritto di veto va presa in seria considerazione. Devo infine scusarmi con i lettori per un errore commesso nella rassegna di mercoledì scorso: a causa dell’enorme numero di articoli presenti nella rassegna stampa di quel giorno e della conseguente lettura un po’ affrettata, avevo affermato che il blogger iraniano Hossein Derakhshan si troverebbe in Canada. In realtà il blogger è rinchiuso in carcere con una condanna a 19 anni; condanna, tranne poche lodevoli eccezioni, totalmente ignorata dai nostri giornalisti. Identica sorte sembra destinata al medico Mehdi Khazali, anch’egli gestore di un blog non allineato al regime, convocato nella prigione di Evin e arrestato mercoledì scorso. Desidero, per concludere, segnalare che del figlio di Sakineh, l’iraniana condannata a morte, anch’egli arrestato, non si ha più alcuna notizia, secondo quanto riferito da due giornalisti tedeschi che hanno tentato di intervistarlo ed anch’essi fermati.
Emanuel Segre Amar
20 ottobre 2010