Torino, l’infamia dei Protocolli e il giudice

“Quando un popolo al culmine della propria ottusità, si chiederà il perché: dell’insipienza della politica, delle crisi economiche, della caduta dei valori, della sciattezza dell’informazione, troverà in un ‘falso’ di ieri le risposte di oggi”.
I Savi Anziani di Sion, il falso di ieri al centro dell’ultimo romanzo di Umberto Eco, avrebbe dunque profetizzato l’odierna crisi economica, di cui, ovviamente, sono responsabili gli ebrei. A sostenerlo, nella quarta di copertina di una riedizione del celebre testo antisemita, è l’editore piemontese Roberto Chiaromonte. Le sue parole fortunatamente non sono rimaste inascoltate. Nel 2008, infatti, la Comunità ebraica di Torino querela l’editore per diffamazione e sporge denuncia per istigazione all’odio razziale. La vicenda, nonostante l’iniziale e sorprendente richiesta di archiviazione del pubblico ministero, arriva davanti al Tribunale di Torino. Il giudice avvalora in parte la tesi della Comunità torinese e del suo legale, il professor Davide Petrini. Chiaromonte, viene condannato in primo grado a sei mesi di reclusione per il reato di diffamazione a mezzo stampa e alla Comunità è riconosciuto il diritto a una provvisionale di duemila euro.
Il giudice, però, non ritiene si sia concretizzato il reato di istigazione all’odio razziale. “Nella motivazione della sentenza – spiega l’avvocato Petrini – emerge la ragione di questa decisione. Perché si configuri l’istigazione all’odio razziale, la discriminazione deve basarsi sulla qualità del soggetto e non sui suoi comportamenti. Nel nostro caso, l’editore se la prenderebbe con gli ebrei non perché persone qualitativamente inferiori, ma perché fautori di un immaginario complotto giudaico per sovvertire l’ordine mondiale”. Non ci sarebbe stata istigazione, dunque, ma la diffamazione resta: non ha tenuto lo scudo invocato dall’editore degli articoli 21 (libertà di opinione) e 33 (libertà di ricerca scientifica). Per il giudice non c’è alcuna scientificità nel lavoro di Chiaromonte e non si comprende come sia giunto a tesi così fantasiose.
Nonostante tutto, l’editore piemontese ha deciso di appellarsi alla condanna in primo grado, per cui presto il procedimento riprenderà. “A questo punto – afferma Petrini – spero che la sentenza arrivi in Cassazione. Certo tutto può ancora succedere ma se la condanna venisse confermata in ultimo grado, avrebbe sicuramente un effetto più incisivo, anche in prospettiva futura”. Soddisfatto il presidente della Comunità di Torino, Tullio Levi, che però sottolinea, anche a margine dei noti fatti di Teramo, come vi sia la necessità di introdurre un deterrente più forte per coloro che sostengono le aberranti tesi negazioniste.

Daniela Gross