Qui Livorno – La città riscopre il bagitto

Non poteva che svolgersi all’interno del mercato Buontalenti la presentazione di un archivio sonoro dedicato al bagitto, la storica e pittoresca parlata degli ebrei livornesi. Tra i banchi di uno dei luoghi più ruspanti di Livorno e davanti a un pubblico numeroso, lo studioso Alessandro Orfano ha presentato il frutto di due anni di interviste e incontri con gli ultimi ebrei labronici ancora capaci di sbagittare, contribuendo alla significativa ricerca storica sul tema con un lavoro originale in cui alle varie testimonianze orali si affiancano un ricco glossario e un approfondimento sulle peculiarità di quel gergo vivace che racchiude nei suoi fonemi le mille anime mediterranee della città che lo ha visto nascere. Colsi il bagitto quando si spargeva, questo il titolo del dvd di Orfano (finanziato tra gli altri dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e dalla Fondazione Cassa di Risparmi di Livorno) che si ispira all’omonimo sonetto del commediografo Guido Bedarida, apre un nuovo fronte e simboleggia il rinnovato interesse che si respira intorno al bagitto, lingua “bassa” che nel dopoguerra gli ebrei livornesi smisero di adottare perché ritenuta indecorosa e ignorante ma in realtà condensato di patrimoni e ricchezze culturali inestimabili. Ad occuparsi del bagitto sono stati nel passato alcuni studiosi americani, israeliani e olandesi, ma anche il livornese Pardo Fornaciari, menestrello di tradizioni popolari e autore del libro Fate onore al bel Purim. Adesso il testimone della ricerca è passato a Orfano, che proprio al bagitto ha dedicato la sua tesi di laurea a breve in stampa con la casa editrice Gaia Scienza. Nel suggestivo contesto del mercato Buontalenti, eccezionalmente aperto anche di pomeriggio, Orfano e gli altri relatori tra cui il professor Fabrizio Franceschini dell’Università di Pisa e il professor Marcello Aprile dell’Università del Salento, hanno parlato di bagitto come “anima di Livorno” ripercorrendo il nesso esistente tra la parlata della minoranza ebraica labronica e il dialetto di una cittadinanza che la ospitò esule dalla Spagna e dal Portogallo senza mai rinchiuderla nei confini netti di un ghetto. Una commistione linguistica presente ancora oggi, con l’esempio più evidente di “sciagattare”, termine bagitto che fa parte del vocabolario base di ogni livornese doc, e con l’appuntamento dal fornaio di molti buongustai che per il loro snack di metà mattinata scelgono le roschette, prelibatezze di origine ebraica simili ai tarallucci pugliesi e dal nome di derivazione bagitta.
Coordinatore della serata del Buontalenti era Gabriele Bedarida, figlio di quel Guido “che colse il bagitto quando si spargeva” e motore culturale della Comunità ebraica livornese. Il dottor Bedarida, nell’introdurre la serata nel corso della quale alcuni sonetti di suo padre hanno allietato i numerosi presenti in sala, ha malinconicamente parlato di “mondo che non v’è più”. Ma a fronte di un glossario che va scomparendo dalla memoria collettiva, continuano ad arrivare nuovi stimoli per proseguire l’approfondimento storico. L’ultimo in ordine di tempo proviene da Alessandria, dove le ricerche di Aldo Perosino hanno portato alla scoperta di un vastissimo carteggio (386 lettere in tutto) intrattenuto dall’ultimo rabbino di Alessandria, il livornese Ruggero Coen, che durante il suo mandato piemontese sviluppò una continuativa corrispondenza epistolare, attingendo in parte dall’espressiva terminologia bagitta, con familiari e molti rabbanim tra cui il Rav Elio Toaff.

Adam Smulevich