Savi anziani di Sion, epopea di una menzogna planetaria
“Una bugia – scriveva Mark Twain – fa in tempo a viaggiare per mezzo mondo mentre la verità si sta ancora mettendo le scarpe”. Così accadde per la più violenta e dannosa bugia della storia della letteratura, I protocolli dei savi anziani di Sion, il testo che diventerà il manifesto dell’antisemitismo moderno. La clamorosa quanto falsa ricostruzione di un fantomatico complotto ebraico, ordito dai cattivi anziani o savi di Sion, si è diffusa nel tempo e nello spazio a una velocità impressionante.
Dalla Germania nazista all’Egitto di Sadat e Nasser, dagli zar di Russia ai terroristi di Hamas, i Protocolli hanno attraversato un secolo di storia, divenendo la scusa principe per le più efferate violenze contro gli ebrei. Un’arma politica per giustificare l’odio antisemita e la volontà di delegittimare Israele. Una calunnia partorita agli inizi del Novecento che, nonostante la comprovata falsità, continua a risultare credibile agli occhi di chi non vuol vedere. E così, oggi come allora, si favoleggia della potente lobby ebraica che domina il mondo grazie al denaro e all’informazione. “Per mezzo della stampa – si legge infatti nel Protocollo II del testo pubblicato nel 1905 – acquistammo influenza pur rimanendo dietro alle quinte. In virtù della stampa accumulammo l’oro: ci costò fiumi di sangue e il sacrificio di molta gente nostra, ma ogni sacrificio dal lato nostro, vale migliaia di Gentili nel cospetto di Dio”.
Dominare i gentili, governare il mondo, sovvertire l’ordine sociale, controllare la massa. Questo in sintesi il progetto dei savi di Sion, segretamente elaborato a Basilea nel 1897 durante il primo Congresso sionista, secondo quanto riporta Sergei Nilus, scrittore mistico russo vicino agli ambienti reazionari e antisemiti dell’epoca. Lo stesso Nilus, fervente sostenitore dello zar, pubblica nel 1905 la versione integrale dei Protocolli nel suo libro Il grande nel piccolo: la venuta dell’Anticristo e il regno di Satana sulla terra. Qui lo scrittore cambia la sua versione sull’origine dei documenti. I Protocolli sarebbero il resoconto di un incontro segreto dei leader giudaico massonici in Francia. Nilus dice di aver ottenuto da un amico la copia tradotta mentre gli originali erano stati rubati da una donna a uno dei capi della cospirazione. Tutto falso. In Russia, ai piani alti, scoprono la verità già nel 1905. In Europa, quindici anni dopo. Ma andiamo con ordine perché il percorso della menzogna è tortuoso ed è necessario fare un passo indietro. In nome della rivoluzione sociale, nel 1881 il gruppo anarchico populista Volontà del popolo uccide a San Pietroburgo lo zar Alessandro II. Seguono anni difficili, di tumulti popolari e sanguinose repressioni mentre i rivoluzionari invocano diritti e libertà.
Le autorità sono preoccupate, l’ordine sociale è in bilico. La soluzione per quietare il furore delle masse? I pogrom. Per oltre vent’anni la violenza e le efferatezze contro gli ebrei sono innumerevoli in tutta la Russia, fomentate dall’odio teologico della Chiesa ortodossa, dalla paura panslava della modernità e dal regime zarista, come sottolinea la storica Anna Foa in Ebrei in Europa. Le autorità identificano gli ebrei con i pericolosi rivoluzionari progressisti e vogliono eliminarli. Ogni accusa è valida per perpetrare il gioco al massacro. Così l’Okhrana, la polizia segreta russa, sfrutta anche la letteratura contemporanea, in particolare le parole di un libello antisemita di un certo sir John Retcliffe, al secolo Herman Goedsche. Biarritz (1868) è il titolo del pamphlet ma il capitolo chiave per gli agenti dell’Okhrana è quello intitolato “Il cimitero ebraico di Praga e il Consiglio dei rappresentanti delle dodici tribù di Israele”. Qui il sedicente scrittore racconta di un’assemblea segreta di rabbini, che si riunirebbero ogni cent’anni per pianificare il complotto giudaico. L’opera di Goedsche è un éclatante caso di plagio, una rivisitazione in chiave antisemita dello scritto satirico del francese Maurice Joly Dialoghi agli inferi tra Machiavelli e Montesquieu.
Falso o no, l’Okhrana affila le unghie sfruttando la teoria della cospirazione per rafforzare la posizione del debole zar Nicola II e screditare i sostenitori delle riforme liberali che simpatizzano con il proletariato ebraico. In Francia intanto scoppia l’affaire Dreyfus. L’attenzione dell’Europa intera si focalizza sulla questione ebraica. Nelle piazze francesi folle di persone invocano “morte agli ebrei”. Nel regno d’oltralpe il terreno antisemita è stato preparato a dovere dal movimento antidemocratico e reazionario. Le tesi di Drumont e il suo France Juive (1880) contro il complotto ebraico e per cancellare l’uguaglianza concessa con la Rivoluzione fanno breccia nella massa. Su questi presupposti, quasi a completare l’opera, nasce il manifesto dell’antisemitismo moderno: i Protocolli dei savi anziani di Sion. I documenti vengono scritti e redatti a Parigi nel 1897, gli autori sono un pugno di giornalisti e scrittori francesi e forse russi, tutti comunque a libro paga dell’onnipresente Okhrana. Inizia così l’epopea della grande menzogna.
I Protocolli appaiono per la prima volta in via ufficiale nel 1903, quando il quotidiano Znamia (La bandiera) di San Pietroburgo li pubblica in una versione a puntate. A farne largamente uso, negli anni successivi, sono i reazionari dell’Unione del popolo russo, noti come Centurie nere, che incolpano il complotto ebraico per il processo di liberalizzazione che si sta avviando in Russia. La costituzione concessa a malincuore da Nicola II e la creazione della Duma, il parlamento russo, sostengono le Centurie nere, sono la dimostrazione che gli ebrei stanno cercando di sovvertire l’ordine sociale. Anche lo zar pare condividere questa tesi e conserva nella sua libreria una copia dei Protocolli. Purtroppo per lui e per le Centurie un’indagine segreta, condotta nel 1905 e voluta dal presidente Pyotr Stolypin, svela come i documenti siano contemporaneamente un falso e un plagio. Nulla di quanto scoperto, però, è reso noto. I Protocolli continuano a essere pubblicati (nel 1906 e 1907 in un’edizione di George Butmi) e i pogrom continuano, feroci come sempre. L’ebreo è visto come cospiratore progressista, liberale, democratico. Ma nel 1917 si evolve e diventa bolscevico. Sì, sono i giudei a guidare la rivoluzione di Ottobre, sono loro che comandano l’Armata Rossa.
C’è scritto anche nei Protocolli, affermano le fazioni legate all’Armata Bianca, il movimento controrivoluzionario. Mentre il futuro regime comunista allarma l’Europa e il mondo, le bugie dei Protocolli, portati oltre il confine russo dagli oppositori fuggiti, fanno breccia nella paura dei governanti e delle masse. “Questo movimento tra gli ebrei non è nuovo – scrive Winston Churchill sull’Illustrated Sunday Herald dell’8 febbraio 1920 – Dai giorni di Spartacus-Weishaupt a quelli di Karl Marx, e fino a Trotsky, Bela Kun, Rosa Luxembourg ed Emma Goldman, questa cospirazione mondiale per il rovesciamento della civiltà e per la ricostruzione della società sulla base di uno sviluppo bloccato, di un’invidiosa cattiveria e dell’uguaglianza impossibile, è in costante crescita”. Già negli anni Venti le copie dei Protocolli fanno il giro del mondo, sbarcando in America del sud, nei paesi arabi, in estremo Oriente. Negli Stati Uniti il magnate Henry Ford pubblica L’ebreo internazionale, un libro commento dei ventiquattro documenti che troverà in seguito l’approvazione di Hitler e Goebbels. Quando il 16 agosto del 1921 il Times prova l’innegabile falsità dei Protocolli è troppo tardi. Migliaia di copie sono già state vendute in tutto il mondo e nuove edizioni si preparano a uscire. Rimane però prezioso il lavoro di Philip Graves, corrispondente del Times a Costantinopoli, che ricostruisce la storia dei documenti. Il giornalista dimostra come i Protocolli non siano altro che un plagio delle opere di Joly e di Goedsche, ipotizzando il coinvolgimento dell’Okhrana. Un quadro ancor più chiaro lo dà l’americano Herman Bernstein che nel 1921 scrive La storia di una bugia, in cui l’autore ripercorre i riferimenti letterari e le motivazioni politiche che hanno portato alla creazione del testo antisemita. Sulla stessa linea l’opera del diplomatico Lucien Wolf dal significativo titolo Lo spauracchio ebraico e i finti Protocolli dei savi di Sion (1920, Londra). Persino Goebbels, futuro ministro della propaganda nazista, non crede nei Protocolli ma il suo pensiero è la base dell’antisemitismo moderno. “Credo che i Protocolli dei savi anziani di Sion siano un falso – scrive sul suo diario, nel 1924, Goebbels – Ma credo anche nella verità intrinseca e non fattuale dei Protocolli”. Per Hitler, nel Mein Kampf, la prova che i Protocolli contengano la verità è semplice: gli ebrei cercano di dimostrarne la falsità quindi sono autentici. E, poi, scrive “la cosa importante è che con terrificante certezza essi rivelano la natura e l’attività del popolo ebraico ed espongono i loro contesti interni come anche i loro scopi finali”.
La stessa teoria che esporrà in Italia nel 1937 Julius Evola, in particolare nel suo saggio introduttivo ai Protocolli, edizione curata da Giovanni Preziosi. Secondo Evola i documenti sono un falso ma è la storia contemporanea con la crisi economica, la guerra mondiale, il comunismo a dimostrare la veridicità dei pensieri in essi contenuti. Chiusa la drammatica pagina del nazismo e della seconda guerra mondiale, per alcuni anni nessuno o quasi pronuncia più le parole complotto ebraico. Non dopo la Shoah. Ma ben presto la delirante giostra riparte. A guidare la nuova campagna antisemita sono, oltre ai negazionisti, molti esponenti del mondo arabo, oltraggiati dalla nascita di Israele. In Egitto il presidente Nasser, sconfitto dagli israeliani nella guerra dei Sei giorni nel 1967, fomenta l’odio antiebraico pubblicando centinaia di copie dei Protocolli. Negli anni Settanta in Libano i Protocolli sono un bestseller. Ancora nel 1988 all’articolo 32 del Patto del movimento della resistenza islamica (Hamas) si legge: “Il piano sionista è senza limiti.
Dopo la Palestina, i sionisti aspirano a espandersi dal Nilo all’Eufrate. Il loro piano è sancito nei Protocolli dei savi di Sion, e il loro comportamento attuale è la migliore prova di quanto stiamo dicendo”.
In Siria appare una versione del testo, autorizzato dal ministero dell’Informazione, i cui si sostiene che l’11 settembre è il risultato della cospirazione dei savi di Sion. E non solo il mondo arabo cerca di riportare in voga le tesi del complotto ebraico. Nel 1993 il tribunale di Mosca condanna l’organizzazione ultranazionalista Pamyat per aver pubblicato il libro, di cui i giudici dichiarano la palese falsità. A maggio di quest’anno, a Torino, l’editore Roberto Chiaromonte è riconosciuto colpevole di diffamazione a mezzo stampa per la pubblicazione in italiano, con commento dello stesso editore, della versione di Sergei Nilus. Senza contare poi le scemenze che compaiono oggi su diversi siti antisemiti o negazionisti. Basta googleare Protocolli dei savi anziani di Sion per scoprire le più disparate e disperate teorie di cospirazioni demo-pluto-giudaico-massoniche. Le tesi contenute nel manifesto dell’antisemitismo moderno continuano così a diffondersi, malgrado la chiara dimostrazione della sua falsità. Rimangono pertanto attuali le affermazioni e gli auspici che il giudice Walter Meyer sostenne nel 1935 nel famoso processo di Berna in cui la corte dichiarò i Protocolli falsi, plagi e letteratura oscena, condannando un gruppo di filonazisti per aver pubblicato alcuni articoli a sostegno della veridicità del testo. “ Spero – disse Meyer durante l’ultima udienza – che verrà il momento in cui nessuno sarà in grado di capire come una dozzina di persone sane e responsabili furono capaci per due settimane di prendersi gioco dell’intelligenza della Corte discutendo dell’autenticità dei cosiddetti Protocolli, proprio quei Protocolli che, nocivi come sono stati e come saranno, non sono nient’altro che ridicole assurdità”.
Daniel Reichel