…negazionismo
Nella discussione sulla legge contro il negazionismo mi sembra di percepire una spaccatura: da una parte chi è favorevole a una legge e pensa che chi si oppone sia una minoranza di intellettuali pieni di fisime o di stupidi pruriti di correttezza del tutto fuori luogo; dall’altra un’area di intellettuali che quando rispondono ai primi danno l’impressione di trattarli come “sempliciotti che vanno confortati”. Oppure da una parte (i primi) sarebbero “i duri” mentre dall’altra (i secondi) sarebbero “i buoni”. E’ una spaccatura falsa in tutte e due le versioni e che mi preoccupa, sia per i contenuti,che per il messaggio populista che contiene. Siccome in questa discussione non sono neutrale, vorrei spiegare perché non sono favorevole a una norma legislativa e perché questa raffigurazione di maniera non mi riguarda. L’Italia è un paese radicalmente intransigente nell’enunciazione dei principi e profondamente relativista, per non dire lassista (i più benevoli direbbero “distratto” o “indulgente”) quando si tratta di applicare le norme che discendono da quell’enunciazione o che vengono stabilite per legge. Per essere più espliciti “la patria di Azzeccagarbugli”. Per questo non credo né all’efficacia, né all’applicazione di una legge che sancisca il reato di negazionismo. Considero ottimista chi vi investe risorse, energie, passioni. Non gli auguro di fallire, ma credo che quel successo sarà una bolla di sapone. Io sono pessimista perché L’Italia è un paese che raramente ha fatto i conti con la sua storia e che, quando dice di averli fatti, ha fatto finta. Per questo diffido dei cori unanimi e li considero non come la dimostrazione del successo di una proposta, ma un modo per evitare di affrontare i problemi alla radice. Il principio è: non si discute con i negazionisti, ma si deve discutere di ciò che i negazionisti affermano. Ma per metterlo in pratica, e perché quest’azione abbia successo, occorre studiare e sapere. Una sanzione non ha la stessa efficacia. Ci vuole più tempo. Certo. Ma soprattutto ci vuole determinazione. Per questo credo di più a un impegno sulla didattica, sulla sua riqualificazione e sulla formazione permanente anche per gli adulti. Perché per fare tutte queste cose occorre un atto di volontà, ovvero una decisione che presume una scelta. Non sono contro l’ipotesi di una legge perché sono un “anima bella”, o perché sono buono ma perché sono pessimista. E come tutti i pessimisti so che non si può mai mollare.
David Bidussa, storico sociale delle idee