Qui Torino – Vittorio Foa nei suoi scritti politici

“Cifra del suo impegno politico-intellettuale è un complesso, affascinante intreccio di idealità e concretezza”. Nel centenario della nascita di Vittorio Foa (1910-2008), la casa editrice Bollati Boringhieri pubblica un’antologia relativa al periodo che va dalla giovinezza alla maturità del “padre nobile della sinistra italiana”, come lo chiama lo storico Aldo Agosti, chiamato a presentare il volume nella sede dell’Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea, nel centro della Torino di Foa. Scritti politici, tra giellismo e azionismo (1932-1947) è il titolo dell’opera curata da due giovani ricercatori: Andrea Ricciardi, che a Foa ha dedicato anche Scelte di vita, edito nel 2010 da Einaudi, e Chiara Colombini. “Le oltre centoquaranta pagine di introduzione – il professor Agosti elogia i suoi studenti, curatori del volume – oltre ad essere una preziosa guida alla lettura degli scritti di Foa, costituiscono un fondamentale capitolo della sua biografia politica e intellettuale”. Vittorio Foa visse intensamente le diverse stagioni della storia italiana del ventesimo secolo: crebbe negli ambienti antifascisti torinesi, da cui provennero molte idee e uomini per la classe dirigente che fondò la repubblica. La militanza nelle file di Giustizia e libertà gli costò otto anni – spesi a studiare e scrivere – nelle prigioni fasciste, uscito dalle quali partecipò alla Resistenza nel Partito d’Azione. Dopo la guerra fu deputato dell’Assemblea Costituente. Allo scioglimento del PdA si iscrisse al Partito socialista italiano, impegnandosi parallelamente in una frenetica attività sindacale, nella Fiom e nella Cgil.

Fu membro del Partito socialista di unità proletaria, del Partito di unità proletaria e della sinistra indipendente. A fianco dell’intensa attività politica non trascurò mai lo studio, “il che – secondo Agosti – ci fa comprendere la profondità della sua preparazione e l’acutezza sorprendente delle sue analisi”. Massima autorità morale e punto di riferimento di una sinistra disorientata, si è spento due anni or sono, poco dopo il suo novantottesimo compleanno. Andrea Ricciardi spiega come “durante il corso di tutta la sua vita Vittorio Foa si mantenne sempre fedele ad un approccio critico: non era dogmatico, anche quando sosteneva posizioni radicali”. “La costante tensione critica e autocritica, la ricerca della problematicità, fanno di lui un personaggio mai piatto, mai risolto”. Eppure sempre fondamentalmente ottimista. “Nutriva grande fiducia nel popolo, nella partecipazione democratica, nelle autonomie, nelle forme di autogoverno sperimentate durante la Resistenza – argomentano i curatori – nelle spinte dal basso, vera linfa della democrazia”. Accanto alla riflessione sul lavoro e all’analisi economica, centrale in quest’opera, i giovani curatori ripropongono alcune pagine in cui Foa si interroga sulla democrazia, pensata come un equilibrio da ricercare incessantemente “tra potere e partecipazione, democrazia diretta e delegata – spiegano i curatori – una democrazia inclusiva, contro ogni privilegio ed elitismo”. “Il suo antifascismo – continuano – è un netto rifiuto etico del conformismo, dell’inerzia politica, del piccolo opportunismo, dell’acquiescenza alle ingiustizie”. Acquiescenza è un termine – ricorda il professor Scirocco – che ricorre molto negli scritti di Foa: “è sull’accettazione delle piccole ingiustizie che si costruiscono quelle grandi”. Scuotere le coscienze intorpidite e difendere i diritti del lavoro: un obiettivo da perseguire con studio e passione, etica e impegno, autocritica e ottimismo. Questa la direzione indicata dalla riflessione politica di Vittorio Foa, l’eredità morale che questo grande personaggio del novecento lascia alla sinistra del ventunesimo secolo.

Manuel Disegni