I giornalisti, il Tizio e gli apostrofi

Gli smartphone consentono al giornalista una tempestività in passato impensabile. Come rivedere un testo e inviarlo in pubblicazione mentre si sta attraversando la strada fuori dalle strisce pedonali nella speranza di prendere un treno al volo. Eppure la tecnologia comporta anche prezzi da pagare, come errori di ortografia e di grammatica di cui ogni redazione seria dovrebbe fare volentieri a meno. Il notiziario di ieri ne contiene almeno due, piccoli ma sgradevoli (nella cronaca di Manuel Disegni dell’assemblea torinese e nel pilpul del Tizio della Sera) e di questo vorrei scusarmi con i lettori. Ma soprattutto devo scusarmene con gli autori, perché agli occhi di chi legge potrebbe sembrare che queste sbadataggini siano da attribuire alla loro responsabilità. In realtà è vero il contrario e me ne assumo l’intera responsabilità. Potrei tentare di giustificarmi dicendo che avevo altro per la testa. E mi resta la consolazione di non aver perso il treno, ma sarebbe sciocco accontentarsene.

(gv)