Qui Firenze – Adam e la pagina rosa sulla Gazzetta
Eugenio, il venditore di magliette di piazza Madonna a Firenze, sparring partner in infinite discussioni sui massimi sistemi del calcio, gliel’aveva promesso: “Il giorno in cui il tuo nome finirà sulla Gazzetta dello sport ti offrirò un pranzo in piena regola”. Adam cominciava quel giorno il proprio praticantato giornalistico nella redazione del Portale dell’ebraismo italiano.
Ieri pomeriggio Adam Smulevich, praticante giornalista della nostra redazione, è passato davanti al banco di Eugenio, dove tra maglie di Jovetic e Mutu, gagliardetti e sciarpe della Viola, bandiere del Collettivo e via dicendo c’è una lunga pila di giornali sportivi, sventolandogli in faccia una copia della Gazzetta di venerdì 29 ottobre, quella in cui, riprendendo Pagine Ebraiche, si raccontano gli ultimi sviluppi che sembrano portare al conferimento dello status di Giusto tra le Nazioni a Gino Bartali e in cui si fa riferimento alla battaglia mediatica intrapresa da Smulevich per compiere quello che altro non è che un atto di giustizia nei confronti di un grande campione sia sui pedali che nella vita.
“Eugenio, mi sa che ti tocca mettere mano al portafoglio”. “Accidenti, mi hai fregato”. La location scelta da Smulevich per il pagamento del pranzo è il caffè Giubbe Rosse di Firenze, suo abituale ufficio dall’atmosfera mitteleuropea dove però si mangia anche una italianissima pasta aglio e olio. Magari in compagnia di Andrea Bartali, figlio del campionissimo di Ponte a Ema e altro accanito frequentatore del caffè che, sorseggiando un espresso e degustando un aperitivo all’ombra dei quadri dei maestri del futurismo insieme a Smulevich, ha attinto dai suoi ricordi familiari più intimi e raccontato al nostro giovane collega l’eroismo di Ginettaccio negli anni del nazifascismo, quando fingendo di allenarsi per le grandi corse a tappe trasportava nel sellino della bicicletta da corsa documenti falsi da consegnare agli ebrei nascosti nei conventi e nelle case di coraggiosi uomini e donne del Centro Italia.
Smulevich ha così pensato di pubblicare sul numero di aprile di Pagine Ebraiche un appello per trovare nuove prove dell’eroismo di Bartali, un eroismo in linea di massima noto all’opinione pubblica ma di cui al momento mancava la simbolica certificazione dei sopravvissuti. Carenza dovuta al fatto che Gino era un eroe silenzioso che in vita non aveva mai voluto parlare dei suoi meriti extrasportivi perché detestava i riconoscimenti pubblici e perché quei ricordi voleva tenerseli tutti per sé e per i suoi cari. Cercare testimoni e testimonianze era l’ultimo dei suoi pensieri: “Certe cose si fanno e basta”, rispondeva a chi gli chiedeva lumi su quelle frequenti pedalate tra Firenze e Assisi, dopo che la strada per Genova era diventata un campo minato di morte e delazione. Ma un giorno il padre disse al figlio: “Capirai da solo quando arriverà il momento di parlarne”. E Andrea ha capito che il momento è arrivato: attraverso la Fondazione Gino Bartali onlus sono anni che porta avanti in più sedi il ricordo del padre, postino per la dignità dell’uomo e la libertà. Andrea tiene vivo anche il sogno di far piantare in suo onore un albero nel Giardino dei Giusti dello Yad Vashem, il massimo riconoscimento conferito dallo Stato di Israele a chi rischiò la propria vita per mettere in salvo anche un solo ebreo nel periodo più buio del Novecento. Per un albero nel viale che ricorda tra gli altri Perlasca e Schindler servono due testimonianze di sopravvissuti o di parenti di primo grado dei sopravvissuti. Fino a qualche mese fa le testimonianze non c’erano, ma adesso il sogno di Andrea sta per trasformarsi in realtà: decisivo infatti l’appello per far riemergere dall’oblio spaccati di vicende straordinarie pubblicato dal collega Smulevich sulle colonne di Pagine Ebraiche. La prima a farsi avanti è stata l’88enne Giulia Donati, ebrea fiorentina trapiantata a Tel Aviv che, dopo aver letto l’appello di Smulevich, ha redatto e inviato la prima testimonianza utile per piantare l’albero Bartali tra i colli di Gerusalemme. Con la prova cartacea della signora Donati metà dell’opera si compieva. Adesso, passati alcuni mesi dalla sua testimonianza, il cerchio si è verosimilmente chiuso: nelle scorse ore un noto avvocato penalista fiorentino che ebbe quattro familiari per via materna salvati tra gli altri da Bartali ha consegnato la sua testimonianza nelle mani di Andrea. E così il via libera delle autorità israeliane sembra davvero a un tiro di schioppo. Anzi, di pedalata.
gv