Voci a confronto
La notizia della giornata è la decisione del ministero israeliano dell’edilizia di pubblicare il piano per la costruzione di un certo numero di appartamenti (900 o 1200, a seconda delle versioni, in sostanza una quindicina di palazzi di abitazione) nei sobborghi di Gesuralemme. Tanto basta ai palestinesi per dire che “Così Israele distrugge i negoziati” (Scuto su Repubblica) e all’amministrazione Obama di dirsi “profondamente delusa” (Battistini sul Corriere della sera), per non parlare dello “schiaffo ai palestinesi” come la vede il Messaggero. In realtà Israele ha sempre detto di considerare Gerusalemme esclusa dal blocco delle costruzioni negli insediamenti, ha dichiarato la fine del blocco due mesi fa, dopo i dieci mesi promessi, e inoltre non si tratta in questo caso di costruzioni ma di un passo burocratico che di gran lunga le precede. Tutto questo ai giornali (e all’amministrazione americana e naturalmente ai palestinesi che hanno scelto di farne un caso) non importa affatto. Quel che conta è che, prima ancora di iniziare i negoziati, Israele riconosca di non avere il diritto di fare niente oltre la linea verde dell’armistizio del ’49. Si tratta di stabilire, con le proteste o con gli accordi, una dato di fatto diplomatico e mediatico che non ha alcuna base legale: il possesso palestinese di tutti questi territori. Nel frattempo, prima della notizia sui nuovi piani edilizi gli Stati Uniti hanno rifiutato di indurire la loro linea contro l’Iran (Financial Times), dimostrando che non vi è oggi terreno per lo scambio fra i compromessi sui palestinesi e l’impegno americano per impedire sul serio la boma atomica iraniana.
Vi sono poi molti argomenti sparsi. Vi è la crisi del museo della Resistenza di Roma (Corriere della sera), vi è un intervento sul Foglio di Giuliano Zincone, certamente rispettabile per la personalità dell’autore e lo stile delle argomentazioni contro l’istituzione di una legge che renda reato il negazionismo. In occasione di un convegno dell’Aned “La stampa” pubblica un dossier sui deportati nei lager nazisti (Baudino, Lorenzi e Venegoni). Moni Ovadia ha deciso che dato che gli ebrei hanno uno stato rischiano di “perdere l’anima” e dunque lui si sente dalla parte degli zingari: anche il Secolo XIX chiama il suo nuovo spettacolo “una provocazione”. Il “Wall Street Journal” pubblica due articoli importanti, uno di Nina Shea che rivendica il diritto a discutere l’Islam, commentando il processo Wilders, uno di Phares Walid che incoraggia il tribunale internazionale per il Libano a mettere finalmente sotto processo Hizbullah. Italia oggi racconta il pellegrinaggio dei hassidim di Brezlav a Uman, in Ucraina, dov’è la tomba del loro tzaddik Natan. Francesco Longo sul Riformista dà conto della vittoria di Houellebecq del premio Goncourt, il più importante di Francia, e fra i motivi dell’antipatia dell’intellighenzia per il popolare scritto cita il suo sostegno a Israele (tutto il mondo è paese). Per concludere con una nota gaia, Il Corriere della sera e Repubblica, nelle pagine romane, danno notizia della manifestazione di assaggio dei vini kasher svoltasi nei giardini del Tempio maggiore.
Ugo Volli
9 novembre 2010