reazione ebraica…

A un gruppo di uomini, dei pagani hanno detto: “dateci uno di voi e lo uccideremo, altrimenti uccideremo tutti”. Uccidano pure tutti ma non si consegni loro una persona di Israele…Questa citazione (Toseftà, trattato Terumot 8:12), presenta un avvenimento particolare che probabilmente trae origine dalle vicende vissute dagli ebrei durante la repressione romana (132-135 dell’E. V.) che, per certi aspetti, assume quasi un carattere profetico. E’ prerogativa fondamentale della Tradizione Orale (Torà shebe‘al pè) quella di poter trovare in essa gli elementi necessari per prendere, quando serve, la decisione giusta. Tra l’altro, lo studio e la ricerca delle nostre fonti tradizionali, quantomeno ci consentono di acquisire una capacità critica scevra di qualsiasi condizionamento, così da poter analizzare i fatti nella loro interezza. Ecco perché come ebrei, anche se per “altri” potrà essere motivo di forte perplessità (vedi articolo “Pio XII e la fiction del mancato disgelo” di Benedetto Ippolito su Riformista di oggi), non possiamo accettare l’idea di un Pontefice che, proprio per non causare “altre” vittime, rimane silente davanti alla protervia nazista. Detto questo, sono stimolato a fare anche altre considerazioni. Mi pare che oramai si sia consolidata una consuetudine, quella di prendere decisioni e fare dichiarazioni su certi temi, che ledono la sensibilità ebraica (di poca importanza). Sacrificare il rapporto con gli ebrei sull’altare dei “buoni rapporti” con coloro che possono creare, all’establishment, più problemi di quelli che la “scontata” e “sproporzionata” reazione ebraica possa fare, sia socialmente sia politicamente. (Lo dimostrano ampiamente la reintrodotta preghiera “Oremus et pro perfidis judaeis” del venerdì santo, il rientro nella Chiesa dei Lefebvriani, il motivo della beatificazione di Pio XII, barzellette dei politici sugli ebrei che poi dicono di amare lo Stato d’Israele, senatori che prima fanno dichiarazioni antiebraiche e poi si rimangiano quanto detto, la dichiarazione del Sinodo dei Vescovi). E’ vero, sono/siamo “ipersensibili”, ma guai se non lo fossimo. A questo punto credo che il problema della gestione dei rapporti con l’esterno, sia un motivo serio per fare una riflessione interna. Il prossimo Congresso UCEI può rappresentare la giusta sede per farla. Dobbiamo analizzare concretamente quali finalità siano state raggiunte, e riconsiderare quelle da raggiungere, attraverso questo modo di dialogare con il mondo religioso e laico intorno a noi. Perché la periodicità della cadenza delle stesse polemiche comincia ad essere tutt’altro che “casuale” o frutto della “momentanea” insania di un singolo…

Adolfo Locci, rabbino capo di Padova