Unione a Congresso – Idee e confronto

Il Congresso dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane è alle porte e questa domenica, 7 novembre, gli iscritti alle Comunità ebraiche italiane sono chiamati a eleggere i loro delegati che parteciperanno ai lavori. In ognuna delle tre circoscrizioni elettorali idee e programmi a confronto sono espresse da due liste in competizione. Con alcune domande rivolte ai capolista delle formazioni in gara la redazione tenta di fornire al lettore ulteriori elementi di conoscenza e di giudizio.
Per la Seconda circoscrizione (Milano e Mantova), parlano Giorgio Sacerdoti e Walker Meghnagi.

Giorgio Sacerdoti: “Lavoriamo sulle basi finora gettate”


“Il ripensamento della ripartizione dell’Otto per Mille, una valorizzazione del ruolo attivo dell’UCEI come rappresentante dell’ebraismo nella società civile e una attenta analisi della riforma dello Statuto”. Tre punti su cui la lista Milano per l’Unione, come spiega il capolista Giorgio Sacerdoti, presidente della Fondazione CDEC e professore di diritto internazionale all’Università Bocconi, intende puntare in vista delle elezione dei delegati UCEI per il Congresso di dicembre.
Professore, le elezioni sono imminenti. Come si presenta la vostra lista? Siete fiduciosi?
Credo che con la lista Milano per l’Unione siamo riusciti a formare una squadra rappresentativa caratterizzata da un ampio ventaglio di esperienze. Ciascuno di noi porta con sé il proprio bagaglio professionale e di valori ebraici e sono fiducioso che le nostre idee e proposte avranno un buon successo. Il nostro impegno sarà rivolto alla realizzazione di una condivisione dello Statuto con una particolare attenzione alle esigenze della Comunità di Milano ma sempre nel rispetto delle diverse realtà del complesso mondo ebraico italiano.
Lei citava la riforma dello Statuto. Qual è la vostra opinione in merito?
In via di principio, siamo pienamente favorevoli al maggiore coinvolgimento all’interno della politica nazionale dell’UCEI delle singole Comunità. I problemi su questo punto però sono pratici, in particolare sulla questione degli spostamenti, per cui sarà necessario analizzare bene la questione. In ogni caso crediamo che la riforma debba andare nella direzione della tutela dell’identità ebraica e del pluralismo che caratterizza l’ebraismo italiano e che dall’altro lato vi sia la necessità di rendere gli organi dell’Unione più snelli e operativi.
E quali sono gli altri punti del vostro programma?
Una delle questioni più delicate che sarà necessario toccare è la ripartizione dell’Otto per Mille. Ad oggi sono circa 60mila le persone che decidono di donare il proprio Otto per Mille al mondo ebraico. Numeri evidentemente notevoli se andiamo a considerare le cifre degli iscritti alle Comunità, ma dobbiamo ancora lavorare perché questa torta si ingrandisca ulteriormente. In questo modo, per esempio Milano come Roma, ma anche le altre Comunità, avranno la possibilità di garantire maggiori servizi locali e sarà possibile incentivare l’avvio di progetti e iniziative importanti su base nazionale. Sui servizi – dalla Kasherut, ai servizi sociali e assistenziali – la nostra idea è di realizzare una parziale regionalizzazione in modo da garantire una rete territoriale e nazionale che rafforzi e implementi le realtà locali. Altro punto importante sono i giovani: non a caso nella nostra lista abbiamo deciso di lasciare spazio alle nuove generazioni perché in loro, sarà scontato ma è profondamente vero, risiede il futuro dell’ebraismo italiano. È necessario studiare la creazione di ulteriori servizi per e con i giovani, incrementare le opportuni­tà di formazione e incontro, facilitando ad esempio l’associazionismo.
Nel vostro programma si parla anche della questione della rappresentanza in merito all’UCEI. Potrebbe spiegarci bene qual è la vostra posizione?
L’UCEI è cresciuta molto negli ultimi anni, sia dal punto di vista della rappresentanza esterna che da quello dell’attività interna. Sono state gettate delle basi importanti con l’avvio di interessanti iniziative nel mondo dell’informazione così come in ambito culturale. Penso al mensile Pagine Ebraiche o alla realizzazione del Museo di Ferrara. Noi vogliamo proseguire lungo questo cammino, rafforzando l’importanza della presenza ebraica nella società italiana. Pensiamo sia necessario sostenere l’Unione nel ruolo di rappresentante autorevole degli ebrei italiani e di sostenitore delle ragioni di Israele verso l’opinione pubblica, le istituzioni e le forze politi­che, con presenza assidua e indipendente. Dall’altra parte pensiamo sia opportuno in alcune occasioni che la stessa Unione e le Comunità tengano un profilo più basso, evitando di mostrare il fianco alla gogna mediatica.
Cosa si aspetta dal Congresso di dicembre? Pensa ci saranno dei cambiamenti significativi al vertice?
Se devo essere sincero, non credo ci saranno dei cambiamenti radicali. Il presidente Gattegna e i consiglieri del mandato hanno lavorato bene. In ogni caso il punto fondamentale sarà continuare a garantire all’interno dell’UCEI la presenza delle diverse sfaccettature della realtà ebraica italiana. Inoltre vorrei formulare un auspicio: ovvero un’ampia partecipazione degli iscritti milanesi alle imminenti elezioni perché l’Unione è un ente fondamentale non solo a livello nazionale ma anche per ciascuna Comunità. La presenza di Milano, la dimostrazione della vicinanza e dell’interesse degli ebrei milanesi per il destino dell’UCEI è fondamentale.

Daniel Reichel

Walker Meghnagi: “Evitiamo personalismi e politica”


Chiede unità di intenti e condivisione il vicepresidente nazionale del Keren Hayesod Walker Meghnagi, capolista della lista Unità Ebraica: “Non partiamo per fare la guerra a Roma ma per cercare di utilizzare le nostre e le loro risorse congiuntamente. Credo che il Congresso di Roma potrà rivelarsi un successo solo se verranno lasciati da parte politica e personalismi”.
Come nasce la vostra lista?
Dal desiderio di unità. Non partiamo per fare la guerra a Roma ma per cercare di utilizzare le nostre e le loro risorse congiuntamente. Non vale la pena di litigare, è molto più proficuo trovare un punto comune. Come si fa? Non lo so ma è comunque fondamentale dialogare su temi stringenti per il nostro ebraismo. A differenza dell’altra lista che si è presentata in questa circoscrizione elettorale, la nostra non ha un programma di orientamento politico. Noi di Unità ebraica non vogliamo creare divisioni bensì accomunare. L’obiettivo che ci siamo posti è la condivisione tra religiosi e laici. Non vogliamo mettere nessuno in un angolo perché dare pagelle di ebraismo è sbagliato. È dall’unità e dal lavoro di gruppo che dobbiamo ripartire, tenendo allo stesso tempo conto delle differenti realtà del territorio e delle diverse problematiche che oggi affrontano piccole e grandi Comunità.
Quali sono secondo lei le sfide da vincere per l’ebraismo italiano?
Credo che sia sotto gli occhi di tutti che stiamo vivendo una fase declinante. I problemi sono noti: diminuzione drastica degli iscritti, allontanamento di molti ebrei dalla propria comunità, disamoramento e disinteresse dei giovani. Invertiamo la tendenza al più presto altrimenti finiremo per disgregarci. Ostacolare questo processo è ancora possibile ma solo prendendo decisioni forti. Riteniamo quindi prioritaria una differente strutturazione della nostra rappresentanza che passi attraverso la creazione di maggiori possibilità di incontro. Sediamoci intorno a un tavolo e discutiamo. Sembra buonismo ma è il concetto di fondo attorno a cui dobbiamo lavorare. Il momento è difficile, abbiamo l’obbligo di fare il nostro dovere con coscienza per dare un futuro all’ebraismo italiano. Solo così potremo arginare la lenta ma continua erosione di risorse umane e allontanamento di vicini e lontani.
Ci riassume i punti essenziali del vostro programma?
Il nodo principale è quello dei giovani, a cui dobbiamo dedicare più attenzione e risorse crescenti. Nel giro di pochi anni la scuola ebraica di Milano è passata da oltre un migliaio di studenti a meno della metà. Come porre rimedio a questa pesantissima flessione? Una possibile soluzione è la diversa redistribuzione delle risorse raccolte con l’Otto per Mille che sostenga maggiormente le Comunità. Crediamo inoltre che per un migliore funzionamento delle nostre strutture alcuni importanti settori di attività dell’UCEI debbano essere decentrati. In particolare chiediamo che venga trasferito a Milano il Dipartimento Educazione e Cultura e che ci venga assegnata la vicepresidenza dell’Unione. Solo con la vicepresidenza si possono affrontare i tanti problemi contingenti della nostra realtà e agire da supporto alle altre Comunità del Nord Italia. Dobbiamo inoltre fare in modo che gli ebrei italiani abbiano la possibilità di accedere ai prodotti kasher a prezzi normali. È un punto improrogabile: non è scritto da nessuna parte che dobbiamo guadagnarci dalla kasherut, Per quanto riguarda i rapporti con l’esterno auspichiamo che l’UCEI prosegua nel suo ruolo fondamentale di tutela dei diritti degli ebrei italiani e di difesa dello Stato di Israele sempre e comunque.
Come vi ponete nei confronti della Rabbanut?
In questo momento difficile il ruolo dei nostri maestri come guide spirituali e garanti della Halakhah è ancora più determinante. Sono loro che attraverso l’Assemblea Rabbinica ci devono dare il primo esempio di unitarietà, a partire dalle dinamiche inerenti alla kasherut. Entrando nel merito di quanto detto ieri su questa newsletter da Ugo Caffaz riguardo all’italianità del nostro rabbinato, concordo pienamente. I rabbini delle nostre comunità devono essere italiani o quantomeno devono aver studiato in Italia. È un passaggio essenziale per avere piena conoscenza del territorio, sapere con chi parlare e capire chi ha bisogni psicologici e di Torah.
È ottimista sugli esiti del Congresso?
Quelli che vivremo al Congresso di Roma saranno quattro giorni di importanza assoluta. Mi auguro che le persone intelligenti che pensano al bene della comunità italiana sappiano coglierne tutti i risvolti positivi. Otterremo un successo solo se verranno lasciati da parte politica e personalismi. Noi di Unità ebraica vogliamo trovare un accordo e lavorare per l’unità. Non andiamo a Roma per litigare ma non siamo neanche disposti a tornare a Milano con le mani in tasca.

Adam Smulevich