Di nuovo assieme per far argine all’Arno

L’ululato delle sirene è tornato, questa volta fortunatamente solo per una esercitazione, a lacerare il cielo di Firenze. A distanza di quarantaquattro anni da quel tragico 4 novembre del 1966 che mise a repentaglio e danneggiò irrimediabilmente alcuni capolavori dell’umanità e in cui persero la vita 34 persone, la città si è fermata una nuova volta. Angoscia e solidarietà sono tornate nelle strade e nelle piazze come allora. Erano le 10.07 quando è partito l’allarme che dato il via all’esercitazione disposta dalla Prefettura di Firenze in collaborazione con la Protezione civile e con il ministero dei Beni Culturali per verificare il funzionamento del sistema di salvaguardia dei beni culturali in caso di alluvione. Tra le tante strutture coinvolte anche la sinagoga di via Farini. Nell’immagine la squadra predisposta dalla Comunità ebraica di Firenze e coordinata dal Consigliere con delega alla sicurezza Mauro Di Castro. In pochi minuti i volontari che vestivano la pettorina arancione e gialla sono riusciti a mettere in salvo Sefarim, Rimmonim, Parochet, Shofar e tessuti preziosi. Soddisfatto della prova e della tempistica il Consigliere Di Castro: “Siamo stati bravi, abbiamo fatto più in fretta del previsto”. Faceva parte della squadra fra gli altri anche il segretario generale della Comunità ebraica di Firenze Emanuele Viterbo.
Il 4 novembre del 1966 l’Arno esondava e sommergeva l’intera piana di Firenze mettendo in ginocchio una regione intera. Gli inestimabili tesori della culla del Rinascimento furono per giorni ostaggio della devastazione portata dalle correnti di quel rivo tanto amato che solo la straordinaria catena di solidarietà messa in piedi dagli angeli del fango e da migliaia di volontari giunti da ogni dove avrebbe scongiurato. Anche le strutture della Comunità ebraica di Firenze furono messe a dura prova in quelle ore drammatiche. L’Arno raggiunse la cancellata del Tempio, invase il suo giardino e gli edifici adiacenti, inondò la palestra e alcune aule della scuola elementare. Gli ebrei fiorentini guidati dal presidente Corrado Benadì e dal rabbino Fernando Belgrado reagirono portando immediatamente in salvo il Sefer e tutti i loro beni più sacri. A dare conforto alla Comunità ebraica giunse tra gli altri anche il rabbino capo di Roma Elio Toaff.