Padri e figli nell’era di Facebook
“Il Lungo va su Facebook e galleggia sugli abissi della sua superficie; si lascia appartenere a quell’eterogeneità ignota di foto, sorrisi e cognomi”. Assieme ad altri milioni di ragazzi, il Lungo preferisce il mondo virtuale dei social network alla noiosa realtà quotidiana. Chatta, aggiunge amici, diventa fan e si fidanza senza muoversi dal computer. Il tutto davanti a un padre confuso e meravigliato che deve confrontarsi con i burrascosi cambiamenti del figlio adolescente.
Mio figlio mi ha aggiunto su Facebook (edizioni L’ancora del Mediterraneo), nuovo libro del giornalista e scrittore Alessandro Schwed, è il racconto ironico quanto vero di come sia cambiato, in particolare con internet, il rapporto tra genitori e figli. Le difficoltà dell’adolescenza, le pene amorose, le paure sono rimaste le stesse ma è mutato il linguaggio, il piano di confronto fra le due generazioni. E a farne le spese sono i padri, naufraghi in un mare oscuro e in cerca dell’orientamento perduto. Nel suo diario-racconto Schwed, celebre penna satirica della rivista Il Male in cui scrisse con lo pseudonimo di Giga Melik, dipinge con tenerezza e raffinato umorismo il tentativo, a volte tragicomico, di un padre di comprendere il proprio figlio nell’era della rivoluzione virtuale.
Come è nata l’idea di scrivere Mio figlio mi ha aggiunto su Facebook?
Avendo un figlio adolescente e soprattutto trovandomi spesso per casa frotte di suoi coetanei, ho deciso di raccontare la realtà di questa nuova generazione. Credo che il Lungo sia un esempio verosimile di adolescente moderno: immerso nella realtà virtuale, sempre on-line a giocare con la playstation o a chattare con gli amici di Facebook, comunque poco interessato alla scuola. E poi c’è il padre. Spaesato dal cambiamento del figlio, cerca di creare un rapporto con il ragazzo. Vuole superare il digital divide fra la sua generazione e quella del ragazzo, tentando un contatto anche tramite internet. Il padre, di fatto, entra in un terreno non suo, quello virtuale e quello dell’adolescenza, in cui è disorientato, vacilla ma rimane in piedi per amore del figlio.
Proprio internet, o comunque il mondo virtuale, appare nel libro come un rifugio per il giovane protagonista. Ma è così brutta la realtà?
Nella vita vera i giovani trovano sempre meno risposte alle proprie esigenze o interessi. E’ come se in questo mondo non si sentissero rappresentati. Su internet il Lungo e gli ultracorpi, come chiamo nel mio racconto i suoi amici, trovano verità iperboliche in contrasto con una realtà catatonica, monotona. Su Facebook o simili i ragazzi possono cucire la propria vita come vogliono.
Vivono, dunque, in universo parallelo con un proprio spazio, tempo e linguaggio. Non è però pericoloso rimanere troppo immersi in un luogo così effimero, in cui peraltro l’esibizionismo è diventato un fenomeno comune?
Internet non è buono o cattivo, sicuramente è rivoluzionario e dobbiamo ancora abituarci a metabolizzarlo. E’ vero, però, che Facebook e i blog sono strumenti che nutrono la moderna tendenza a creare tanti reality show su misura, in cui ciascuno è protagonista. Non condivido questo modo di fare ma penso sia temporaneo, siamo in un’epoca di cambiamenti e dobbiamo ancora trovare stabilità. Mentre le nuove generazioni si immergono in questo mondo virtuale, spetta a noi, come al padre del mio racconto, creare un ponte fra loro e la tradizione. Il Lungo non chiede che attenzione, chiede realtà e penso sia il compito dei genitori soddisfare questa domanda.
Nel romanzo, ironia e umorismo si intrecciano a momenti di tenera tristezza o di rabbia.
Nell’ebraismo c’è questa cosa bellissima di mettere vicino il riso e il pianto, basta pensare al gesto simbolico del calice spezzato il giorno del matrimonio. Anche nel giorno più bello della vita, c’è questo fatto di ricordarsi della Gerusalemme lontana. E’ un modo di tenere insieme tutto quanto ed è come se io avessi metabolizzato questa cosa. Nel libro ho voluto dare tutta la dimensione della vita perché i ragazzi, come i lettori in generale, hanno bisogno di commuoversi come di ridere.
Daniel Reichel, Pagine Ebraiche, novembre 2010
(Alessandro Schwed, Mio Figlio mi ha aggiunto su Facebook, collana Odisseo pp.192 euro 14,50)