Qui Firenze – La città ricorda i suoi deportati
C’erano rappresentanti di istituzioni politiche locali e regionali, autorità militari e religiose, scolaresche fiorentine e pistoiesi e membri dell’Aned insieme al presidente della Comunità ebraica Guidobaldo Passigli, al rabbino capo Joseph Levi e a molti cittadini alla cerimonia svoltasi questa mattina al binario 16 della stazione ferroviaria Santa Maria Novella in ricordo delle centinaia di ebrei fiorentini deportati durante il nazifascismo, che proprio da quel binario 67 anni fa iniziarono il loro viaggio senza ritorno verso Auschwitz.
Davanti alla targa commemorativa che ricorda quei tragici convogli di morte, il tempo si è fermato. L’orda di pendolari, turisti e umanità varia che popola quotidianamente gli interni della stazione si è come dissolta. Il caos di mille passi affrettati, lo speaker che annuncia la partenza del prossimo treno, le reclame commerciali di volti scolpiti nella plastica si sono allontanati sempre più fino a scomparire del tutto.
La cerimonia si è aperta con l’elenco dei nomi delle vittime più giovani della barbarie nazifascista. Nome per nome, a decrescere fino ai 3 mesi di Lia Vitale. “Sono certo – ha detto il presidente Passigli rivolto agli studenti – che tornando a scuola riporterete ai vostri compagni il seguente messaggio: quello che è accaduto non deve più ripetersi”.
Presente in rappresentanza del sindaco, l’assessore comunale Rosa Maria De Giorgi ha chiesto ai ragazzi di tenere un occhio sempre vigile sulla realtà circostante. “Non dovete permettere – ha spiegato De Giorgi – che i diritti vengano calpestati. Se non ci impegniamo a impedirlo non siamo cittadini. Non valiamo niente”. Il segretario del PSI Riccardo Nencini ha invitato a non dimenticare la macchia del collaborazionismo, sottolineando come “i nostri padri e i nostri nonni siano venuti meno alla grande storia di libertà che è propria di Firenze”. Nel corso della commemorazione è intervenuta tra gli altri anche la storica Lionella Viterbo, che ha rievocato i mesi drammatici vissuti in clandestinità, di casa in casa, tra strade e piazze popolate da nazisti, fascisti e da eserciti di entusiasti collaboratori. In conclusione il rabbino capo Joseph Levi ha recitato un salmo e una preghiera funebre per i milioni di vittime della Shoah. Poi alle 12.27 la stazione che Benito Mussolini amava perché “sembra un fascio littorio visto dall’alto” è tornata alla vita di sempre. E dopo pochi minuti dal binario 16 è partito nuovamente un treno. Ma stavolta di uomini liberi, come quelli che dal 2003 ad oggi hanno portato migliaia di studenti toscani in visita tra le baracche e i forni del Male.
Adam Smulevich