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…indice di sviluppo

La Divisione per lo Sviluppo Umano delle Nazioni Unite ha pubblicato la scorsa settimana la nuova graduatoria dei paesi del mondo secondo l’Indice di Sviluppo Umano (HDI). L’HDI misura lo sviluppo di una società attraverso una sintesi dei rispettivi livelli di salute, istruzione, e reddito. Quest’anno, a prima vista, è successo una specie di miracolo: Israele è balzato dal ventisettesimo al quindicesimo posto (e gli Stati Uniti sono scattati dal tredicesimo al quarto). Niente paura, nessun miracolo: la graduatoria è cambiata semplicemente perché l’ONU ha cambiato il metodo di valutazione dei livelli d’istruzione, sostituendo al dato sulla diffusione dell’analfabetismo quello più significativo sul numero medio di anni di studio conseguiti. Se si usa il vecchio metodo, la graduatoria cambia poco. Resta il fatto che Israele, nonostante i suoi problemi di sicurezza e le notevoli sperequazioni nella distribuzione delle sue risorse interne, fa parte del gruppo dei paesi ad altissimo tasso di sviluppo. Israele occupa il decimo posto al mondo per longevità, il ventiquattesimo per istruzione, e il ventinovesimo per reddito (ponderato secondo il potere d’acquisto reale del dollaro). La collocazione dei diversi paesi in questa graduatoria dello sviluppo è in parte prevedibile, ma c’è qualche sorpresa. Al primo posto la Norvegia, seconda è l’Australia, quarti gli USA, al settimo posto l’Olanda, ottavo il Canada, al nono la Svezia, al decimo la Germania, undicesimo il Giappone, al dodicesimo la Corea, al tredicesimo la Svizzera, al quattordicesimo la Francia. L’Italia si piazza al ventitreesimo posto, dopo la Spagna (ventesimo) e la Grecia (ventiduesimo), davanti al Regno Unito (ventiseiesimo), a Singapore (ventisettesimo), al primo paese arabo, gli Emirati Uniti (trentaduesimo), e al Portogallo (quarantesimo). La Cina è all’ottantanovesimo posto e l’India è al centodiciannovesimo. I paesi classificati sono in tutto 169, e all’ultimo posto troviamo lo Zimbabwe. Qualche perplessità può destare il fatto che, come si è detto, l’HDI trascura le sperequazioni che possono indebolire la tempra di una società. E viene ignorato l’elemento della sicurezza esterna e della violenza interna che sono fattori essenziali nel giudicare la qualità di vita in un paese. Ma sarebbe un errore giudicare con eccessiva compiacenza questi dati che sottintendono profonde tendenze di lungo periodo e dovrebbero indurre a una pacata riflessione.

Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme