Il fascismo, il razzismo e le ambiguità del mondo accademico
Quale fu il ruolo del mondo accademico italiano nell’elaborazione delle teorie razziste durante il fascismo? A questo interrogativo cerca di rispondere il nuovo libro del professor Giorgio Israel “Il fascismo e la razza” edito da Il Mulino che è stato presentato ieri a Palazzo Giustiniani al Senato della Repubblica. Alla presentazione, promossa dalla fondazione Magna Charta, hanno preso parte oltre all’autore, il giornalista Paolo Mieli, il senatore Luigi Compagna e Giovanni Maria Vian, storico e direttore dell’Osservatore Romano.
Nel libro Israel, professore di Storia della matematica all’Università La Sapienza di Roma, torna su tematiche già affrontate in passato nel suo precedente “Scienza e razza nell’Italia fascista”, scritto con Pietro Nastasi, approfondendo nuovi documenti e prendendo in considerazione le innovazioni bibliografiche pur rimanendo nel solco della storiografia di De Felice.
La tesi di fondo è che il mondo accademico italiano, più dell’opinione pubblica, si compromise largamente con le teorie razziste e spesso questi studiosi riuscirono a farla franca dopo la guerra, riprendendo il proprio posto nelle Accademie e nelle Università, magari proprio al posto degli stessi docenti ebrei espulsi per le leggi razziste.
Israel però nel corso della presentazione ha tenuto a sottolineare come il suo sguardo non sia stato mosso dal desiderio di fare giustizia, anche se ciò spesso non è valso a risparmiargli le critiche di chi si sente ancora legato a questo o quel docente.
Una volta finita la guerra inoltre nota Israel il processo di abrogazione della legislazione razziale fu estremamente lento e questo testimonia il reinserimento sofferto del mondo ebraico nella società italiana.
Il libro del professor Israel è quindi insieme la storia del compromesso del mondo accademico italiano con la teoria razzista e la storia dei compromessi dell’Italia postfascista e racconta, a fronte delle difficoltà di reinserimento degli studiosi ebrei nel mondo accademico, come nessuno, fra quelli che le avevano sostenute, ebbe il coraggio di assumersi le responsabilità delle precedenti posizioni razziste.
Daniele Ascarelli