Qui Napoli – Cinque secoli dall’espulsione
Cinquecento anni fa, il 23 novembre 1510, il viceré Raimondo de Cardona promulgava l’editto di espulsione per gli ebrei dal Regno di Napoli. Cinquecento anni dopo, un convegno internazionale promosso dal Centro di studi ebraici dell’Università di Napoli L’Orientale e patrocinato dalla Comunità ebraica di Napoli e dalla UCEI ricorda l’evento,oggi e domani, nella sede di Palazzo du Mesnil in via Chiatamone, con undici studiosi provenienti da Italia, Regno Unito e Israele. La cacciata degli ebrei colpì migliaia di persone sull’intera Italia meridionale, interessando soprattutto le fasce deboli della popolazione: solo alle famiglie in grado di versare ogni anno tremila ducati fu infatti permesso di restare. Nel giro di pochi anni, tuttavia, anche i superstiti furono costretti a partire o a integrarsi convertendosi al cattolicesimo. In programma oggi le relazioni di Lida Vagnoni, rettore dell’Orientale, Gadi Piperno dell’UCEI e dei professori Giancarlo Lacerenza e Francesco Lucrezi.
Di seguito l’intervento di saluto di Gadi Piperno del Dipartimento educazione e cultura dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane:
“Sono qui a portarvi il saluto dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, e il ringraziamento sentito all’istituzione che ci ospita e in particolare al professor Lacerenza per l’organizzazione di questo magnifico convegno.
L’espulsione degli ebrei dalla Spagna, dalla Sicilia e successivamente dall’Italia meridionale è stata una ferita profondissima per il mondo ebraico ma lo è stata allo stesso modo per l’Italia meridionale.
Per gli ebrei che vivevano in questi luoghi il decreto di espulsione ha causato morte, esilio, conversioni forzate o quanto meno indotte. Il fenomeno del cripto-giudaismo è una storia di sofferenze, di sdoppiamento di identità, una storia di persone che hanno dovuto mostrare all’esterno ciò che non erano ed essere sé stessi solo nelle quattro mura della propria casa. E nonostante tutto molte famiglie sono riuscite a tramandare per mezzo millennio, a rischio della loro vita, preziosi frammenti di vita ebraica evitando così un’assimilazione definitiva.
Per il Meridione la perdita della componente ebraica ha significato lo sradicamento di una fetta importante della propria identità culturale. La convivenza di etnie diverse, di culture diverse, di religioni diverse ha fatto di queste terre un luogo di accoglienza, di cultura e di prosperità. Il tentativo di forzare la creazione di un monolite culturale e religioso ha tolto al Sud quella marcia in più che aveva avuto nel medioevo e che ne aveva fatto un crocevia straordinario nelle relazioni tra Europa e Oriente.
Oggi la globalizzazione e l’utilizzo poco responsabile dei nuovi mezzi tecnologici ci pongono di fronte a un nuovo pericolo ovvero la tendenza a una standardizzazione di mode e clichè comportamentali con conseguente perdita delle specifiche identità culturali. Questa tendenza può essere per certi aspetti più pericolosa del tentativo forzato di cancellare dalla società alcune fette di identità. A breve celebreremo la festa di Chanuccà che ricorda un ben preciso momento storico. Ai tempi di Antioco IV Epifane la cultura ellenistica aveva esercitato una seduzione potenzialmente fatale anche all’interno della società ebraica. Nessuno si proponeva di distruggere fisicamente il popolo ebraico, ma l’obiettivo era di colonizzarlo culturalmente. Secondo molti studiosi questo è stato uno dei momenti in cui il popolo ebraico ha maggiormente rischiato l’estinzione, proprio perché ha corso il rischio di perdere la propria specificità in un mondo che tendeva alla standardizzazione culturale. L’Ebraismo col suo attaccamento ad una tradizione millenaria, con il suo imperativo all’educazione e all’istruzione è per la società un potente antidoto contro questo tipo di tendenze.
L’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, con il patrocinio a questo straordinario evento e con la presenza di due assessori della Giunta, è qui oggi a testimoniare la determinazione a far sì che il matrimonio tra Sud ed Ebraismo riscopra le sue antiche radici. E’ un cammino che abbiamo intrapreso già da qualche anno con alcuni risultati di eccellenza. Vorrei qui menzionare a titolo di esempio la Giornata Europea della Cultura Ebraica del 2009 che ha avuto come capofila Trani ed il successivo festival Negba (trad. verso sud) che hanno visto la partecipazione di più di 12 mila persone, e un seminario di approfondimento sul marranesimo tenutosi lo scorso maggio.
Negli scorsi anni abbiamo definito un protocollo d’intesa con la Regione Sicilia per la promozione ed il sostegno ad iniziative culturali, alla conservazione ed alla tutela di beni artistici e monumentali, alla collaborazione con le Università e molto altro.
Il Meridione è ricco di testimonianze dell’antica e numerosa presenza ebraica. Giudecche, cimiteri, sinagoghe, bagni rituali. Ma non è sui resti che dobbiamo porre la maggiore attenzione. Abbiamo oggi alcuni importanti segnali di risveglio provenienti da diverse regioni del Sud, dalle macerie di un ebraismo esiliato, ma anche occultato, dissimulato, quasi soffocato ma mai spentosi definitivamente. La cosa ha quasi dell’incredibile dopo tutto questo tempo, eppure nelle regioni del mondo in cui è stato attuato il decreto di espulsione del 1492, abbiamo diversi esempi di clamorosi ritorni all’ebraismo di intere comunità.
Ci stiamo facendo promotori di iniziative educative e culturali, e viene altresì richiesta la nostra partecipazione ad eventi organizzati da vari enti locali.
E’ una sfida non semplice, ma abbiamo la consapevolezza che mai come oggi il momento sia propizio per ricucire lo strappo creatosi 500 anni fa e ricreare quel profondo legame da cui sia il Meridione che l’Ebraismo trassero in passato straordinari benefici.
Un’interessante coincidenza. Lo scorso sabato abbiamo letto nelle sinagoghe il brano della bibbia in cui Giacobbe ed Esaù si ritrovano dopo tanti anni, seguiti alla separazione scaturita da un conflitto. Alla vigilia dell’incontro i timori erano tanti, e lunga è stata la preparazione all’evento, ma alla fine il tutto si è concluso con un grande abbraccio e con l’appuntamento per la fine di un percorso, con tempi diversi, con strade diverse, ma che secondo i maestri punta dritto a Gerusalemme alla fine dei tempi verso l’era messianica. Il percorso che abbiamo intrapreso dobbiamo intenderlo quindi in un’ottica midor ledor, di generazione in generazione, un percorso a lungo termine transgenerazionale che porti Meridione ed Ebraismo a un futuro prospero, pacifico e soprattutto condiviso”.