Un referendum ingannevole

Ha fatto discutere in Israele l’approvazione di una legge che impone il referendum per qualunque cessione territoriale futura. In pratica nessun governante israeliano potrà più dare «territori in cambio di pace» senza chiedere il parere dei cittadini.
Personalmente ritengo che questa legge, più che un ostacolo alla pace, sia una «truffa» politica: come spesso si afferma, anche in Israele i cittadini sono assai più evoluti della classe politica che hanno eletto. Parlando con la stragrande maggioranza degli israeliani, ci si convince che l’idea di un accordo di pace sia talmente diffusa da non essere più fonte di dibattito. Ci si divide, com’è naturale, su tutto il resto: chi sono gli interlocutori affidabili (se ci sono), cosa non può essere assolutamente reso, quale sia il ruolo degli USA, ecc. Ma sostanzialmente nessuno è contrario a una trattativa per raggiungere lo scopo.
In questo contesto i politici sono nell’impasse più assoluta. Netanyahu è ostaggio di una destra oltranzista (religiosa e laica) e di un partito laburista ormai ridotto alla caricatura di sé stesso, praticamente utile solo a mantenere lo scranno della Difesa per il suo segretario. I partiti che hanno la golden share sul governo hanno ottenuto questa misura per rendere più efficace il loro ricatto verso gli alleati e le opinioni pubbliche occidentali: noi abbiamo la pistola carica sul tavolo, se ci fate sgarbi noi organizziamo il referendum e vi dimostriamo che gli israeliani vogliono tenere Gerusalemme, il Golan, e magari anche tutti i territori della Cisgiordania.
Ma il referendum è uno strumento delicato, non sempre veritiero. Come insegnano i Maestri, o gli scrittori, o i sondaggisti, ciò che conta è come la domanda viene posta, e chi la sostiene. Chi metterebbe una croce sul sì alla domanda «Sei d’accordo a cedere parte di Gerusalemme all’Autorità nazionale palestinese»? Probabilmente pochissimi. Ma chi risponderebbe no al quesito «In vista di un accordo di pace sei disposto a un accordo territoriale»? Di nuovo, quasi nessuno. È per questo che un’arma come il referendum in presenza di una classe politica trasversalmente screditata rischia di rivelarsi solamente un inganno…

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas