Qui Torino – “Quali rabbini nel nostro domani?”

Sei relatori e un pubblico numeroso hanno contrassegnato ieri a Torino al museo di Scienze naturali il dibattito “Quali rabbini nel nostro domani?” organizzato da un gruppo di ebrei torinesi per confrontarsi su alcuni temi caldi del dibattito ebraico italiano. A pochi giorni dal Congresso UCEI, alcuni iscritti alla Comunità piemontese (fra gli altri Daniele Segre, David Sorani, Lea Voghera Fubini, Mara Di Chio, Shemuel Lampronti) hanno voluto organizzare un’occasione pubblica di confronto sulla bozza di modifiche dello Statuto UCEI, sulla prospettiva di un cambio strutturale del rabbinato italiano e, più in generale, sul futuro della più antica realtà ebraica della Diaspora. Fra gli intervenuti rav Alfonso Arbib, rabbino capo della Comunità ebraica di Milano, rav Riccardo Di Segni, rabbino capo della Comunità di Roma, Dario Calimani, Consigliere UCEI, Amos Luzzato, presidente della Comunità ebraica di Venezia e Maurizio Piperno Beer, che in passato fu presidente della Comunità ebraica di Torino.

Autonomia di scelta della Comunità e indipendenza del rabbino. Questo il primo tema all’ordine del giorno. Partendo dalla proposta di modifica dello Statuto con l’ipotesi di un meccanismo a tempo nella durata dell’incarico del rabbino, rav Di Segni ha sottolineato la legittimità per una Comunità di sostituire il proprio rabbino se venisse meno il necessario rapporto di fiducia, ma d’altra parte ha sottolineato “la necessità di tutelare il suo diritto fondamentale a svolgere il proprio magistero in modo indipendente e libero da eventuali pressioni politiche”. “Non dobbiamo declassare il ruolo di rabbino a semplice impiegato comunitario – ha affermato Dario Calimani – Non dobbiamo risolvere la questione di questo complicato rapporto con semplici tecnicismi, ma è necessario che amministratori e rabbini si confrontino apertamente. Siamo un ebraismo in crisi e senza il confronto rischiamo di andare alla deriva”. Preoccupazione condivisa da Piperno Beer, che ha parlato di “pericolo di una profonda modifica culturale, in caso si metta a rischio l’indipendenza dei rabbini, assoggettandoli alla predominanza dell’organo amministrativo”. D’accordo anche Amos Luzzatto secondo il quale “vi è un vuoto culturale nella realtà ebraica italiana che non può essere superato con semplice ingegneria statutaria. Arriviamo a questo Congresso con le idee confuse; sarebbe stato opportuno portare avanti un profondo progetto di ricerca storica, sociologica per comprendere realmente qual è la nostra situazione”. Sul problema delle conversioni si è soffermato il rav Arbib. Sarebbe inaccettabile, secondo il rabbino capo di Milano, immaginare un possibile ruolo della dirigenza comunitaria nel complicato e faticoso processo che deve portare avanti il gher. Punto che ha trovato la condivisione di tutti i relatori presenti. “Il ghiur – ha spiegato rav Arbib – non può essere il risultato di un bilanciamento di poteri; se così fosse si metterebbe in pericolo la persona e questo non è accettabile”. La questione dei Ghiurim, però, espone la realtà ebraica ad un altro problema. “L’ottanta per cento delle persone che si rivolgono a me – ha riferito rav Arbib – pone questioni attinenti al ghiur. Ma non dovrebbero essere le conversioni la prima preoccupazione di un rabbino. Questo argomento rischia di assorbire interamente le energie dell’ebraismo italiano. L’urgenza è l’educazione ebraica, la trasmissione delle tradizioni, della cultura. Il pericolo per la nostra sopravvivenza è l’assimilazione; è necessario lavorare perché vi sia un ritorno alla vita ebraica”.
Sulla presunta latitanza dell’Assemblea rabbinica si è soffermato, dopo alcuni interventi del pubblico, rav Riccardo Di Segni. “Non è vero che non vi sia stata una risposta dell’Assemblea in merito alle modifiche dello Statuto; è vero che esiste un problema di leadership unificata e che forse ci sia stata una certa latitanza nella risposta a determinate questioni. Ma non vi è un’assenza dei rabbini come singoli, che si impegnano quotidianamente nell’educazione o sono responsabili dei diversi Bet HaKnesset; questo è giusto sottolinearlo”.
Prima dell’inizio dei lavori, Dario Disegni, presidente della Fondazione Scuola Rabbinica Margulies-Disegni e moderatore dell’incontro, aveva riferito del rammarico degli organizzatori per una polemica sorta in questi giorni nell’ambito della comunità torinese. Gli organizzatori, infatti, avevano ritenuto di invitare il presidente della Comunità Tullio Levi e il rabbino capo di Torino Eliahu Birnbaum solo a cose fatte e quando gli inviti ufficiali alla manifestazione erano stati già composti e diffusi. “Gli organizzatori – ha detto Disegni – sono dispiaciuti per questo disguido”. In ogni caso il rav Birnbaum ha inviato i suoi auguri ai partecipanti del convegno. Altri messaggi sono fra l’altro pervenuti dal vicepresidente UCEI Claudia De Benedetti, dal Consigliere di amministrazione della Fondazione “De Levy” di Torino Ermanno Tedeschi e da Rossella Bottini Treves, presidente della Comunità ebraica di Vercelli.
In chiusura, dopo un breve giro di repliche dei relatori alle osservazioni del pubblico su questioni come la Kasherut o il problema della realizzazione di un Beth Din nazionale, Dario Disegni si è augurato che il confronto possa proseguire fra le Comunità.

Daniel Reichel