Speciale Talmud – La logica contro il dogma

Pensare è risalire dall’affermazione all’interrogazione. Chi ama la verità che si presume oggettiva, la verità indiscussa e indiscutibile, che si impone come dogma, non può supportare le domande che si affastellano nel Talmud, ne costituiscono la trama e impediscono di trarre conclusioni e formulare giudizi definitivi. Il dogma non tollera la logica aperta del Talmud. Non stupisce che la cattolicità lo abbia messo al rogo. Soprattutto in Italia. Con decreto pontificio applicato a tutti gli stati italiani Giulio III ordinò nel 1553 di bruciarne decine di migliaia di copie. A Roma, a Campo dei fiori – ma non solo. La distruzione dell’opera fu vissuta dagli ebrei come una catastrofe nazionale; in Italia i roghi prima, e il divieto poi, ebbero profonde ripercussioni sulla vita culturale dell’ebraismo. Il Talmud insegna la pazienza dell’interpretazione, tiene lontani dal furore della conclusione, dal miraggio del possesso. La dimensione del viaggio, che caratterizza il pensiero ebraico, è palese nell’architettura dei commenti talmudici – che alcuni hanno avvicinato alla architettura topografica di Venezia, la città dove è stato stampato per la prima volta tra il 1520 e il 1523. Piazze, campielli, calli e canali, da un commento all’altro, per non dimenticare che si pensa viaggiando, e si pensa non da soli, ma in un dialogo estenuante e ineguagliabile con gli altri. Una interpretazione infinita e infinitamente sovversiva che mostra il paradosso per cui ci si trova in prossimità della meta molto più quando si è in cammino che quando si pensa di essere arrivati e di doversi solo insediare. Forse per questo il Talmud dovrebbe essere accessibile a tutti.

Donatella Di Cesare, Pagine Ebraiche, dicembre 2010