Qui Torino – “I rabbini, le comunità, lo sguardo al futuro”
Una selva di barbe lunghe e cappelli scuri, un vociare confuso in cui si sovrappongono le lingue più diverse, dall’ebraico al francese, dal polacco allo spagnolo, dal portoghese all’inglese passando per il francese e lo svedese. Poi tutti si impegnano a trovare una lingua comune. Davvero chi è passato per la sinagoga di Torino di piazzetta Primo Levi in questo Shabbat non ha potuto non sorprendersi dell’atmosfera intensa e insolitamente internazionale che vi si respira. Termina oggi il Convegno rabbinico ospitato dalla Comunità ebraica di Torino: Le comunità europee con lo sguardo al futuro, il Rabbinato in Europa.
L’organizzazione ha visto coinvolti numerosi enti dediti all’educazione ebraica: l’Istituto Ethel e Adolf Beren, il Seminario rabbinico Joseph Strauss, la scuola rabbinica Margulies-Disegni, la Fondazione Marchese De Levy e l’Organizzazione mondiale sionista. “Si tratta del primo convegno rabbinico che si tiene a Torino dal 1950”, fa notare qualcuno. Venti rabbini, accompagnati dalle rispettive famiglie, si sono dati appuntamento nella comunità subalpina per lo Shabbat appena trascorso. Provengono, per lo più, da piccole comunità di Norvegia, Svezia, Polonia, Germania, Inghilterra, Francia, Portogallo, Italia e Repubblica Ceca. “Abbiamo qui rappresentata una nuova generazione di rabbini, preparati dall’Istituto Strauss Amiel”, spiega l’organizzatore e il padrone di casa, il rabbino capo di Torino rav Eliyahu Birnbaum.
“Sono qui riuniti per discutere diversi argomenti, sempre con lo sguardo rivolto al futuro”, continua Birnbaum. “Certo è importante conoscere il passato, la storia e le tradizioni del popolo ebraico, ma il compito precipuo dei rabbini della nostra epoca è quello di programmare il futuro delle loro Comunità”.
Le tematiche affrontate vertono intorno alle sfide più attuali, riguardanti soprattutto le realtà ebraiche europee medie e piccole. Si parla di istruzione, di avvicinamento degli ebrei lontani dalle comunità, degli strumenti e dei metodi per migliorare lo studio della Torah nelle comunità. Trovano spazio anche analisi e confronti su problemi halachici che i Rabbini devono affrontare. In virtù di un desiderio espresso dal Consiglio, il programma del fine settimana prevede anche momenti di incontro e discussione aperti a tutti gli ebrei torinesi. Venerdì, al termine della preghiera mattutina, rav Daniel Simons ha pronunciato una derashah.
In serata, durante i festeggiamenti dell’accoglienza dello Shabbat, c’è stata una derashah del rabbino capo di Modena rav Beniamino Goldstein, seguita da una cena per tutta la comunità e da un dibattito, animato dai rabbini e dai giovani, sull’identità israeliana all’estero.
Sabato mattina, prima della preghiera, è intervenuto il rav Alberto Moshe Somekh di Torino a proposito dell’unicità del metodo di definizione delle decisioni alachiche in Italia.
La consueta derashah, il commento alla parashah della settimana, è stata tenuta da rav Shlomo Riskin, una delle figure più apprezzate del mondo rabbinico contemporaneo. Al termine della preghiera la Comunità ha offerto un pranzo a tutti i suoi membri durante il quale ognuno dei rabbini ha parlato brevemente di sé e della sua esperienza nella Comunità di appartenenza, raccontando così ai torinesi realtà sconosciute come le comunità di Oslo, Lisbona, Cracovia, Hannover… spiegando le rispettiva difficoltà e illustrando i successi ottenuti.
La serata di ieri è stata nuovamente aperta al pubblico, divisa in due sessioni: le signore si sono unite al gruppo di studio per un dibattito sul “ruolo della donna ebrea e la sua religiosità nel mondo postmoderno”; gli uomini invece hanno studiato insieme ai rabbini presenti. Oggi la sessione conclusiva del convegno, dopo la quale, all’aeroporto Sandro Pertini di Caselle, forse tra gli sguardi di qualche curioso, i numerosi rabbini si saluteranno e torneranno ognuno alla sua comunità. L’auspicio di molti torinesi è che non passino altri sessanta anni prima di uno Shabbat così particolare.
Manuel Disegni