Un dizionario scomodo
Il dialogo ebraico-cristiano ha subito negli ultimi tempi fasi di arresto. Sembra svanire la speranza che si possa trovare quella condivisione di temi, inquietudini e aspirazioni, che permetta davvero un confronto nel segno del rispetto reciproco. Il «Dizionario del sapere storico-religioso del Novecento», curato da Alberto Melloni, e uscito per il Mulino in due volumi (di 1814 pagine), apre nuove prospettive, mostra la parte più aperta del mondo cattolico, dà respiro a un dialogo soffocato da posizioni oltranziste.
Il Dizionario è anzitutto uno strumento prezioso che aiuta a orientarsi nel paesaggio religioso oggi sempre più inesplorato. La rapida secolarizzazione e la tendenza ad affinare conoscenze specialistiche hanno contribuito a un pericoloso analfabetismo che porta inevitabilmente alla chiusura dogmatica. Il che è un paradosso se si pensa all’importanza del fenomeno religioso. Su questo paradosso il Dizionario sollecita a riflettere, anche con sguardo retrospettivo, scorgendo nel Novecento un secolo in cui la religione ha avuto sul piano politico un peso maggiore di quel che in genere si crede.
Il merito dell’opera è inoltre quello di offrire un quadro complessivo dei saperi storico-religiosi, una sorta di biblioteca essenziale, mettendo l’accento sui nodi della ricerca e lavorando, grazie ai rinvii trasversali, per gettare ponti e aprire varchi. Anche e soprattutto con l’ebraismo. Si potrebbero fare molti esempi, a cominciare dalla voce dedicata a Gesù. È perciò irritante, ma forse non sorprendente, che l’opera di Melloni sia stata attaccata con veemenza da diversi giornali cattolici, dall’Osservatore romano all’Avvenire. E la voce più incriminata è proprio quella sulla Shoah.
Altrove, negli Stati Uniti, o perfino in Germania, non sarebbe probabilmente successo. Ma nel panorama culturale italiano, dove mancano gli «Holocaust Studies», l’ebraistica è quasi assente nelle università, e il contributo dei filosofi è spesso ignorato, sembra quasi ovvio negare una continuità tra l’antisemitismo cristiano e il nazionalsocialismo. Come se i nazisti fossero stati anticristiani, e poi perciò antiebraici. Un bel modo per mettersi nei panni delle vittime piuttosto che riflettere sulle proprie responsabilità. Finché la Chiesa, anche in Italia, non sarà disposta ad aprire un dibattito su questo punto e a considerare al proprio interno l’impatto della Shoah, ogni dialogo sarà difficile. Anche per questo è importante per il mondo ebraico il contributo di Melloni.
Donatella Di Cesare, filosofa