Qui Firenze – La città abbraccia i suoi liberatori

C’era chi camminava arzillo, chi si reggeva a fatica su una stampella, chi sedeva su una carrozzina. E chi non c’era più fisicamente ma viveva nel ricordo di figli e nipoti. A distanza di oltre 66 anni da quel lontano (ma non troppo) 11 agosto del 1944 in cui la città di Firenze fu liberata dal morbo nazifascista, migliaia di persone tra cui molti ex combattenti partigiani hanno affollato il Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio per assistere alla cerimonia ufficiale organizzata dal Comune per rendere omaggio a tutti quei fiorentini che si opposero al nemico nelle file partigiane e nei vari gruppi antifascisti operativi sul territorio cittadino. La lista stilata dall’Istituto Storico della Resistenza in Toscana ha raggruppato oltre 500 nomi di liberatori (“e chissà quanti altri non è stato possibile individuare”, spiega il direttore dell’Istituto Simone Neri Serneri) a cui è stato attribuito il Giglio della Liberazione, onorificenza che ne riconosce l’eroismo e il ruolo fondamentale svolto nel ripristino della vita democratica a Firenze e dintorni. Scorrendo l’elenco dei meritevoli si leggono nomi conosciuti e meno conosciuti, uomini e donne legati da un profondo anelito di libertà. Alcuni dei liberatori di Firenze sono “di razza ebraica”, come li definiva il regime, e sfatano così ancora una volta il teorema dell’ebreo unicamente vittima e mai combattente per i propri diritti che solo la fondazione dello Stato di Israele avrebbe forse definitivamente smitizzato qualche anno dopo. Tra gli eroi di Firenze ci sono infatti i Valobra – una saga familiare di combattenti, quattro fratelli e due sorelle in prima linea contro il nemico tra cui Dante che nella lotta partigiana perse la vita – e Paolo Bassani, fratello del Giorgio autore de Il giardino dei Finzi Contini che fu tra i fondatori di Radio Cora, emittente clandestina del Partito d’Azione fiorentino la cui sede originaria si trovava a pochi metri in linea d’aria dalla sinagoga. Proiezione di filmati inediti della Liberazione, abbracci ripetuti, applausi scroscianti e commoventi incontri tra compagni di brigata ritrovatisi e mai dimenticatisi in questi tredici lustri di vita democratica italiana hanno scandita una cerimonia ufficiale ma non retorica. Tra le moltissime persone affluite nel Salone dei Cinquecento c’era anche il consigliere della Comunità ebraica Renzo Bandinelli che in tasca portava la fascia partigiana del padre Corrado. Intervenuto dopo l’esposizione del gonfalone, il sindaco Matteo Renzi ha spiegato che la data scelta per l’abbraccio della città con i suoi liberatori non è casuale visto che il 30 novembre del 1786 veniva lanciato da Firenze un grande gesto di civiltà e libertà con l’abolizione della pena di morte in tutto il Granducato. “A distanza di 224 anni da quel giorno – ha detto Renzi – ricordiamo un’altra liberazione e ringraziamo chi ha combattuto per i nostri diritti. Soprattutto in un momento storico come questo in cui si tende a cancellare la memoria è importante che una città non dimentichi il passato e riaffermi il valore della libertà e della democrazia”.

Adam Smulevich