Boicottaggi accademici: “Opposizione e maggioranza unite”
Un segno di attenzione durante i giorni più difficili della politica italiana. Il governo italiano si è impegnato ad assumere ogni iniziativa che ritenga utile per impedire manifestazioni di boicottaggio accademico nei confronti del mondo della cultura dello Stato d’Israele, attraverso un ordine del giorno presentato durante l’esame del disegno di legge sulla riforma dell’università. L’onorevole Emanuele Fiano (Pd) ha presentato la proposta con Walter Veltroni, Piero Fassino e Dario Franceschini e l’iniziativa è stata fra gli altri poi sottoscritta anche dei parlamentari Alessandro Ruben e Fiamma Nirenstein. Alla luce di alcuni avvenimenti degli ultimi mesi, tra cui l’adesione di alcuni atenei italiani alla Israeli Apartheid Week, si tratta di un documento che ha richiamato consensi su fronti diversi.
Onorevole Fiano, come nasce l’idea di questo ordine del giorno, e cosa comporta la sua approvazione?
In Parlamento quando si arriva all’approvazione di un disegno di legge, ciascun parlamentare può presentare un impegno per il governo collegato al tema del provvedimento in esame. Poiché io ritengo che il principio della libertà di espressione e di insegnamento venga calpestato dal boicottaggio accademico delle università israeliane, penso che la discussione della riforma dell’università fosse il momento giusto per intervenire su questo tema. La mia proposta è stata firmata da molti parlamentari, e poi approvata senza passare attraverso alcuna votazione, il che equivale a dire che maggioranza e opposizione sono state unanimemente concordi nell’appoggiarla. È un risultato molto importante.
Quali sono le iniziative che potranno essere adottate?
Spetterà al governo il compito di valutare di volta in volta quali azioni concrete intraprendere e, grazie a questo ordine del giorno, avrà il mandato parlamentare per farlo. Dal mio punto di vista per esempio, se si dovessero ripetere episodi di adesione a manifestazioni di boicottaggio, il governo potrà chiederne conto alla conferenza dei rettori o agli altri organi direttivi dell’università, ovviamente mantenendo il pieno rispetto per la sua autonomia.
Secondo lei c’è il rischio che in Italia la situazione diventi come in Inghilterra, dove per un accademico israeliano parlare in un college è un’azione a rischio?
Il rischio esiste soltanto se coloro che si impegnano per la difesa della libertà d’espressione decidono di non alzare più la voce quando questa libertà viene messa in pericolo. Ma questo non accadrà. Noi non staremo mai zitti.
Qualche tempo fa lei ha espresso delle perplessità circa la proposta di una legge che punisca il negazionismo. Ritiene invece che uno strumento come quello dell’ordine del giorno potrebbe funzionare? Oppure secondo lei è meglio che il Parlamento non intervenga sulla materia?
La questione è molto complessa. Penso che sicuramente l’individuazione di un reato penale non sia lo strumento giusto per combattere il negazionismo, pur essendo totalmente convinto che vada portato avanti ogni sforzo per contrastarlo.
Rossella Tercatin