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Tempi di Hanukkah, tempi di piccoli miracoli. Il successo della maratona talmudica romana di rav Steinsaltz va sottolineato ma anche interpretato. Il linguaggio e le idee di rav Steinsaltz favoriscono l’avvicinamento e l’interesse per il Talmud di un pubblico lontano, e quanto più i messaggi sono attraenti per questo pubblico, tanto più generano perplessità e riprovazione negli ambienti più ortodossi. E’ il prezzo che paga chiunque tenta di fare ponti. Ma anche quello che succede dall’altra parte del ponte merita attenzione. Il rav sottolinea la necessità dello studio e l’apprezzamento della dialettica e dello spirito critico che caratterizzano il Talmud. Molti ebrei intellettuali apprezzano dialettica e spirito critico, allo stesso modo in cui disprezzano forme religiose che considerano frutto di ignoranza, mancanza di critica e chiusura mentale. Si costruisce il mito della dialettica e della critica come fondamenti principali dell’ebraismo, per arrivare alla conclusione che se studiasse un po’ più il Talmud il mondo religioso non sarebbe così ottuso (la ciliegina sulla torta del ragionamento è che proprio quello che succede a Roma e in Italia, dove la Chiesa ha proibito lo studio del Talmud…). Ci vuole una bella dose di chutzpa, faccia tosta, per scivolare su questa conclusione affrettata. Perché ottusità, chiusura e presunzione possono essere religiose come non religiose e non sono merce rara presso i sedicenti intellettuali; il Talmud sviluppa lo spirito critico, che è il sale e lo stimolo di ogni ragionamento; ma se lo si studiasse veramente, e non come luogo di pura ginnastica intellettuale, molte idee sbagliate sulla pratica religiosa ebraica, potrebbero, appunto, essere messe in discussione. Ma su una cosa almeno possiamo essere d’accordo: che bisogna studiare.

Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma