Qui Torino – JCall si presenta

“Vi sono diverse affinità fra noi e JCall – ha spiegato il presidente del Gruppo di studi ebraici di Torino Franco Segre introducendo il coordinatore del movimento d’opinione JCall Italia in un incontro pubblico – perché anche noi, in nome della pace – prosegue – ci siamo espressi per anni contro l’occupazione dei territori palestinesi, in particolare sulle colonne del nostro periodico Hakeillah”.
Calef fissa subito un punto fermo: “La premessa da cui partiamo è che tutti gli ebrei della diaspora hanno un legame con Israele: ognuno lo esprime in maniera diversa”. Le posizioni di JCall saranno discutibili, sembra voler dire, ma chiunque sia intellettualmente onesto e legga l’appello non può accusare i firmatari di essere nemici di Israele. E lamenta le molte reazioni ostili che JCall ha suscitato: boicottaggi, contestazioni, controappelli e financo accuse di antisemitismo.
Che rapporto c’è con l’iniziativa gemelle d’oltreoceano, J Street? “Ci ispiriamo a loro, ma la natura dei due progetti è differente”, spiega David Calef. “In America J Street nasce come lobby, come gruppo di pressione sul Congresso, per contrastare l’azione di Aipac e Anti defamation league, altre due lobbies ebraiche il cui sostegno a Israele è acritico”. Con oltre 150 mila iscritti, JStreet è un soggetto riconosciuto della politica statunitense. L’obiettivo politico di JCall in Europa è diverso: “la sua ambizione non è di fare pressione sui diversi governi, né sul parlamento europeo”. La situazione europea, dice Calef, è diversa. “Le diverse istituzioni ebraiche dei paesi europei (il Crif francese, l’Ucei, il Consiglio centrale degli ebrei tedeschi, il Congresso ebraico europeo, ecc…), chi più chi meno, danno a Israele un sostegno sostanzialmente incondizionato, si sentono in dovere di difendere tutte le sue scelte politiche”. Calef addita una sorta di tabù degli ebrei della diaspora per cui criticare Israele pone problemi etici e identitari. “Il proposito della nostra petizione – dice – è sfatare questo mito, dimostrare la falsità dell’equazione dissenso-tradimento, che, siamo convinti, non fa bene a Israele”. David Calef si dice convinto che dibattere apertamente sulla politica israeliana sia di per sé un bene, e un tributo alla tradizione ebraica del libero confronto di opinioni. “Il nostro obiettivo è dunque costituire un movimento che non abbia timore a esprimere la propria opinione. In Italia speriamo di raccogliere un numero congruo di persone per poter organizzare un convegno nazionale, come è avvenuto in Francia all’inizio dell’autunno. Per questo auspichiamo di trovare uno spazio di espressione nella stampa ebraica”.
Terminata la presentazione si apre il dibattito. La platea parte vicina alle posizioni di JCall, poi avanza diverse critiche. Ma a cosa può servire un movimento d’opinione europeo?, ci si chiede. “Immaginate una diaspora unitamente contraria alla costruzione di nuovi insediamenti coloniali – risponde Calef – ovviamente non ci sarà mai, ma se riuscite a immaginarla, capirete che il governo israeliano non potrebbe permettersi alcune politiche miopi che oggi porta avanti indisturbato”. Non è stato inopportuno, da parte di J Call, boicottare la manifestazione Per la verità, per Israele, organizzata a Roma dall’onorevole Fiamma Nirenstein?, polemizza qualcun altro. “Non l’abbiamo boicottata – si
schermisce Calef – ne abbiamo solo contestato il preteso carattere bipartisan”. Le trattative di pace sarebbero ostacolate da molti altri fattori che l’Appello alla ragione ignora. “Nessuno di noi vuole mettere in dubbio la serietà della minaccia iraniana, né l’indisponibilità al dialogo di alcune leadership arabe. Tuttavia, per quanto concerne la politica israeliana, l’attività edile delle colonie a nostro avviso resta il principale ostacolo alla pace”.

Manuel Disegni

12 dicembre 2010