Qui Venezia – Una festa per dire grazie a rav Elia Richetti

Una domenica per stare insieme in allegria, un’occasione per salutare rav Elia Richetti che a fine anno lascerà il suo incarico di rabbino capo di Venezia passando il testimone al giovane rav Ghili Benyamin. Sembra ieri. Eppure ne è passato di tempo da quando rav Elia Richetti, varcate le porte del Centro sociale, si è presentato alla Comunità ebraica come nuovo rabbino capo di Venezia.
Nato nel 1950 e salito a Gerusalemme nel 1974, rav Richetti ha conseguito il titolo rabbinico con rav Shear Yashuv Cohen, rabbino capo di Haifa. Rav Richetti fu inoltre chazan a Milano e chazan del Bet Hakeneset italiano di Gerusalemme, per poi assumere la carica di rabbino capo di Trieste con giurisdizione su Gorizia, vice rabbino capo a Milano e infine rabbino capo della comunità ebraica di Venezia.
Insegnante paziente e disponibile non ha mai nascosto la sua predisposizione per il canto liturgico, suo fiore all’occhiello. La vasta conoscenza dei diversi Minhaghim e un orecchio musicale fuori dal comune gli ha donato la capacità di passare con dimestichezza da un Minhag a un altro, impresa che risulterebbe proibitiva anche per chi fosse a conoscenza nel dettaglio delle variazioni musicali di un rito specifico. Una passione che pone le sue radici nelle tradizioni musicali ebraiche di tutta Europa: dal Minhag ungherese al rito di Alessandria d’Egitto, passando per quello italiano, veneziano, veronese, corfiota, per quello goriziano, impresso in modo indelebile nella sua mente e nel suo spirito. Rav Elia Richetti è infatti il discendente del rabbino Ermanno Friedenthal, l’ultima guida spirituale della comunità ebraica di Gorizia prima della Shoah e il primo rabbino della Milano liberata dall’occupazione nazifascista nel 1945 e negli anni della ricostruzione.

Assumendo il ruolo di guida spirituale della città lagunare, oltre ad affrontare l’ardua impresa di studiare i diversi Minhaghim che per secoli hanno distinto le diverse “nationi” del Ghetto, rav Richetti si è trovato a dover fronteggiare le dinamiche interne di una comunità pluricentenaria, che vede nella sua storia e nella sua autonomia due elementi irrinunciabili, connaturati alla propria identità ebraica. Venezia è sempre stata infatti un crocevia di persone, culture e il ghetto se da un lato rappresenta a livello simbolico l’esilio ebraico, dall’altro è l’esemplificazione del concetto di multiculturalità, un esempio di successo nel ricostruire, dopo la caduta, una fruttuosa esperienza ebraica.

Si può ben capire che venire a contatto con un mondo, piccolo per dimensioni, che ha però radici profonde e lontane nel tempo, non dev’essere stato per nulla semplice. Rav Richetti è dovuto scendere a patti con questa realtà a tratti interessante e curiosa, conflittuale e problematica, paragonabile per il suo carattere irriducibile, solo al villaggio di Galli che ritroviamo nei fumetti di Asterix. Una comunità in eterno conflitto con se stessa, una comunità definita di “mangiarabbini”.
Così, dopo nove anni di assiduo lavoro, Venezia si trova a doversi separare da rav Richetti che, raggiunti i limiti d’età, si riunirà con la famiglia, da tempo residente a Milano. Da parte di tutta la Comunità non resta che augurargli anni di meritato riposo e di tranquillità dopo che, come afferma Amos Luzzatto, presidente della comunità ebraica di Venezia: “grazie alle sue qualità umane e religiose è riuscito ad affrontare con il sorriso sulle labbra le difficoltà e i contrasti, inevitabili delle nostre Comunità”. Dal canto suo Rav Richetti ha però anticipato che non resterà con le mani in mano e che si impegnerà non solo come presidente dell’Ari, Assemblea rabbinica italiana, ma anche come insegnante e chazan, nel rispetto delle tradizioni familiari.

Michael Calimani