Qui Roma – La Cultura del Coraggio

Sala gremita all’Istituto Pitigliani di Roma in occasione della tavola rotonda La Cultura del Coraggio – Memoria, identità, comportamento: individuare e trasmettere il coraggio,
primo di una serie di eventi sui comportamenti possibili davanti alle ingiustizie o alle tragedie umanitarie. Un’iniziativa organizzata da Robert Hassan esperto di comunicazione e senior partner di Alè comunicazione, con il patrocinio della Comunità Ebraica di Roma, della Fondazione Museo della Shoah, dell’Istituto Pitigliani, del Centro di Cultura, della Camera dei Deputati, della Rai, del Comune e della Provincia di Roma. A discuterne il Presidente della Comunità Ebraica di Roma Riccardo Pacifici, il giornalista e saggista Gabriele Nissim, gli storici Marcello Pezzetti e Amedeo Osti Guerrazzi , e l’Assessore alla Cultura del Comune di Roma Umberto Croppi, la sopravvissuta al genocidio dei Rwanda e candidata Premio Nobel Yolande Mukagasana. moderati da Claudio Fico, vice direttore del TG1.
Fra il pubblico in sala, il presidente della Fondazione Museo della Shoah, Leone Paserman, la dottoressa Elvira Di Cave, primario ortopedico dell’Ospedale Israelitico e presidente uscente della Consulta della Comunità Ebraica di Roma, Giancarlo Di Castro consigliere del consiglio di amministrazione dell’Ospedale Israelitico e tantissimi ragazzi provenienti dal Liceo Renzo Levi, dalle associazioni giovanili ebraiche Hashomer Hatzair e Bené Akiva e dal Liceo Classico Manara di Roma.
Dopo una breve derashà del rav Ariel Di Porto che si è soffermato sulla figura di Abramo emblema stesso della cultura del coraggio e sul senso religioso del termine, la parola è passata ai relatori che hanno analizzato il significato della parola nel tentativo di trasmettere ai giovani liceali il valore del coraggio ripercorrendo la vicenda di chi ha subito, con i silenzi e la complicità, la persecuzione razzista e quella di chi non piegando la testa ai soprusi ha deciso di intervenire manifestando la propria identità. Gabriele Nissim pone quattro domande a risposta aperta: perché dopo la Shoah i genocidi non sono terminati? Per essere “Giusti” bisogna avere il coraggio di rischiare la vita? Una persona merita di essere nominata “Giusto fra le Nazioni” perché ha mostrato uno spirito altruista? Perché accade nella Storia che tante persone non siano in grado di comportarsi in maniera umana?
Subito dopo Amedeo Osti Guerrazzi si sofferma sul ruolo dei delatori, coloro che durante l’occupazione nazista denunciavano i propri vicini di casa, il collega di ufficio, il conoscente antipatico. “Decine, centinaia di romani denunciarono gli ebrei che furono poi portati nei campi di concentramento. Chi sono questi romani?” Si chiede lo storico. “E perché lo fecero? Per ideologia, per soldi, per obbedienza alle leggi?”
E’ Marcello Pezzetti a parlare della resistenza ebraica nel periodo delle Leggi razziste, a rifiutare il concetto che gli ebrei abbiano accettato passivamente il proprio destino e il presidente della Comunità Riccardo Pacifici, ponendosi sulla stessa linea, parla del ruolo della Brigata Ebraica e spiega quanto sia importante per gli ebrei di oggi non essere più avvertiti come vittime, ma come persone capaci di difendersi e anche di combattere per salvaguardare i propri diritti e la propria identità. Pacifici ha dedicato la serata alla memoria della partigiana ebrea del Ghetto di Varsavia, ex reduce dei campi di concentramento Miriam Novich e di Pacifico Di Consiglio (Moretto) simbolo di una resistenza ebraica particolare, quando ancora non erano chiari i programmi di sterminio nazisti, una resistenza “civile”, di autodifesa, legata prima di tutto al desiderio di evitare l’umiliazione e i soprusi.

l.e.