Rav Sacks…

Rav Jonathan Sacks, capo rabbino del Regno Unito, aveva appena annunciato la sua volontà di non proseguire il suo mandato dal 2013, che si è sollevato un polverone sulla sua figura e sul suo ruolo. Rav Sacks è effettivamente un rabbino sui generis, ammesso che esista un genere preciso di rabbino; è di estrazione filosofica e si è segnalato per avere stabilito una comunicazione con il mondo “laico” e il mondo non ebraico, pubblicando numerose opere di pensiero sul ruolo dell’ebraismo nella nostra era, che hanno avuto un influsso notevole e e benefico. Queste doti di sensibilità e di capacità comunicativa non l’hanno reso immune da critiche da varie parti: da chi gli rinfaccia uscite poco ortodosse di dialogo a chi invece lo accusa di rigore halakhico in determinate materie delicate, a chi infine lo accusa di non adoperarsi come l’antisemitismo crescente nel Regno Unito e in particolare contro la marea montante di ostilità contro lo Stato d’Israele. Come se fosse compito del capo rabbino la contropropaganda sullo Stato d’Israele. Negli Stati Uniti, si dice, non esiste la figura del capo rabbino; chi è bravo emerge nel libero mercato esclusivamente per le sue qualità. La struttura stessa del Chief Rabbinate sarebbe una “camicia di forza” contro la creatività. Dietro a questa polemica, che in qualche modo potrebbe sollevare problemi simili da noi, c’è l’antico conflitto tra il desiderio di polverizzazzione e frammentazione delle strutture comunitarie e il tentativo di unire forze e autoevolezza (piuttosto che autorità) in strutture unificate.

Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma