Facebook – Il timido con 500 milioni di amici

Il malinconico paradosso del creatore di Facebook, diviso fra un mondo virtuale da 500 milioni di amici e una realtà fatta di solitudine e veleni. The Social Network, dal 12 novembre nella sale italiane, è il racconto romanzato della vita di Mark Zuckerberg (nell’immagine assieme al sindaco di Newark Cory A. Booker), lo studente di Harvard che nel 2004 ha inventato un programma capace di scardinare il sistema. Facebook è il prototipo della rivoluzione nelle comunicazioni: le barriere sociali si frantumano, tutti possono essere amici di tutti e ciascuno può sentirsi protagonista in questa realtà virtuale. Perché altrimenti postare (pubblicare) le foto del viaggio in Australia o la serata in discoteca con gli amici. Certo le persone vogliono condividere le proprie esperienze ma hanno anche bisogno di soddisfare il proprio egocentrismo. Facebook, in questo, è democratico: dà ai suoi iscritti le stesse possibilità di essere re o regine del proprio mondo. Non ci sono classi sociali. Se nella vita reale sei uno sfigato, nella realtà virtuale puoi trovare il tuo riscatto.
Su questi temi corre la stessa trama del film diretto da David Fincher e scritto da Aaron Sorkin. Zuckerberg, interpretato da Jesse Eisenberg, vorrebbe far parte dell’elite di Harvard, lui, giovane ebreo della medio borghesia americana, non vuole rimanere uno sfigato genio del computer. Desidera successo, donne e soldi. È un ragazzo frenetico, un po’ sociopatico e profondamente ambizioso. Almeno questa è l’impressione che emerge dal film, una biografia non autorizzata e chissà quanto veritiera del fondatore di Facebook. La pellicola, peraltro, si basa sul libro Miliardari per caso di Ben Mezrich, che, per far capire l’interesse che gravita attorno a questo fenomeno, aveva già venduto i diritti dal manoscritto prima ancora di finirlo.
Tornando a Zuckerberg, sarà poi così antipatico, egoista e solo? In un lungo articolo sul New Yorker, il giornalista Jose Antonio Vargas dà un quadro molto più tenero e forse umano del miliardario Mark. Un ventenne timido, introverso ma capace di ascoltare e che ammette di aver fatto diversi errori in passato. Probabilmente come dare il ben servito ai compagni di un tempo che lo aiutarono a realizzare la grande impresa. Non è infatti un mistero che il primo investitore nell’affare Facebook, nonché un tempo migliore amico di Zuckerberg, Eduardo Saverin sia stato estromesso quasi a sua insaputa dalla società. Più o meno stesso lo stesso destino dei compagni Dustin Moskovitz e Chris Hughes. Poi c’è la questione Naredra- Winklevoss che hanno più volte accusato Mark di avergli rubato l’idea e con cui è in corso un procedimento multimilionario per risarcimento danni.
Temi scottanti su cui il film di Fincher, autore del celebre Fight club, non può che soffermarsi. Lo stesso regista ama la figura del ribelle, di colui che riesce a sovvertire l’ordine delle cose e Zuckenberg, a suo modo, è sicuramente un rivoluzionario. Una figura difficile da ricreare sulla scena, svela Sorkin, noto sceneggiatore hollywodiano. Lo stesso Sorkin nega categoricamente l’eventualità che il film sia nato come un attacco al creatore di Facebook. “Lo Zuckerberg dello schermo – spiega lo sceneggiatore – appare inizialmente, per un’ora e cinquantacinque minuti, come un antieroe e negli ultimi cinque diviene un tragico eroe”.
Questa dualità è uno dei temi centrali del film: da una parte il multimiliardario spregiudicato, geniale e quasi demoniaco, dall’altra il ragazzo introverso che soffre di una solitudine interiore con cui ha difficoltà a confrontarsi. Un tormento umano e profondo che colpisce anche chi sembrerebbe aver raggiunto tutto nella vita.
Ma il regista non si sofferma solo sulla storia di Zuckerberg, prende spunto da essa per realizzare un quadro della moderna società dei giovani americani. Costantemente sotto pressione, spinti dall’obbligo di riuscire, di diventare uomini e donne di successo, non trovano altra soddisfazione che gonfiare il loro conto in banca. The Social Network non è la solita storia dei buoni contro i cattivi ma, almeno nelle intenzioni, è un analisi delle debolezze e delle difficoltà dell’uomo moderno. È il racconto di un ribelle che con la sua creazione ha sovvertito le regole, ha destabilizzato il mondo intero. Ma non si tratta dell’eroico rivoluzionario, bensì del complicato personaggio che trasportato dalla sete, dall’ambizione crea un intero mondo, restando però solo nella vita reale. E cosa pensa Zuckerberg del film? Sempre nell’intervista del New Yorker, dalla sua casa di Palo Alto, cittadina in cui sorge la sede dell’impero Facebook (oltre 600 milioni di fatturato nel 2009), Mark commentava secco “io conosco la vera storia”. Essere dipinto come un amante delle donne, dei soldi, un spietato calcolatore e uomo d’affari non deve essergli piaciuto molto.
Un genio, se ci fossero stati dubbi, lo è sul serio. Le prime dimostrazioni delle sue capacità in ambito informatico le dà in famiglia. Una sera il padre dentista torna a casa, siamo nel 1996, e parlando con il figlio dichiara di voler trovare una soluzione migliore per la comunicazione nel suo studio. Non ne può più di sentire la segretaria urlare a squarciagola “il paziente è qui!”. Mark prende nota e crea un sistema per mandare messaggi istantanei dal computer della segretaria a quello del padre: di fatto Zuckerberg realizza una forma primitiva del popolarissimo Messenger. Mark è un prodigio e riesce a entrare ad Harvard senza difficoltà. Forse non sarà sinistro come nel film, ma la pellicola di Fincher non sbaglia nel rappresentarlo come uno sfigato. A confessarlo è la fidanzata storica di Zuckerberg, Priscilla Chan che ricorda la prima volta in cui incontrò il ragazzo. “Eravamo a una festa della confraternita ebraica Alpha Epsilon Pi. Ci incontrammo davanti alla fila per il bagno. Ricordo che quando lo vidi, pensai ‘questo è proprio un pesce fuor d’acqua’. Aveva una di quelle magliette da nerd su cui compariva una barzelletta dallo humor tipico dei secchioni”. Genio terribile, sfigato solitario, implacabile affarista, rivoluzionario romantico? Una cosa è certa: Mark Zuckerberg siede oggi su un patrimonio da miliardi di dollari e il suo Facebook è entrato di diritto nella storia. Difficilmente un film potrà scalfire tutto questo.

Daniel Reichel, Pagine Ebraiche, novembre 2011